MUGELLO – C’è il Mugello che tutti conoscono, quello letto e studiato sui testi di qualche tempo fa e c’è il Mugello dei nuovi autori, quello che contribuisce ad accrescere fascino e suggestione di una storia che sembra interminabile, ogni volta più ricca di aneddoti e documenti inediti che si intrecciano e si intersecano a un interesse rinnovato e al crescente desiderio di conoscenza.
Qualche volta si tratta di poche note che danno nuova luce a un singolo episodio del passato, in altri casi invece, siamo di fronte a una ricerca vera e propria, a uno studio approfondito su una specifica località e sul popolo che vi si è insediato nel tempo, fino ad assumere quella particolare fisionomia che lo rende unico e insostituibile nella composizione di un ambiente straordinario come quello del Mugello.
È una “lettura” nuova della nostra terra, un pungolo, uno stimolo quotidiano che ci spinge a studiare e approfondire le conoscenze del nostro passato, a cogliere finalmente ogni aspetto di quel mondo di microstoria locale ancora completamente sconosciuto ma essenziale per la completa acquisizione di quella struttura di costume e cultura che sostiene da sempre la nostra identità.
Seguendo tali caratteristiche, sostenuto dallo studio di una mole considerevole di documenti di archivio, sembra articolarsi anche l’ultimo libro di Massimo Certini, interamente dedicato alla complessa storia di San Bavello, ultimo lembo del Mugello più orientale, adagiato a 300 metri di quota sulle falde dell’Appennino e ad equa distanza fra i borghi di Dicomano e San Godenzo.
Fra uno scatto e l’altro di oltre cento foto a colori e immagini d’epoca, l’autore ci accompagna fra leggende locali e storia autentica, lungo un percorso interminabile che ha origine negli ultimi secoli del primo millennio e si estende fino ai tempi moderni che ci appartengono, svelando inaspettatamente un mondo ricchissimo di storia, di cronaca, di vita quotidiana e di cultura, sorprendenti in una comunità così appartata e demograficamente contenuta. Particolare dedizione e una minuziosa descrizione illustrano la storia più antica del luogo, con note dettagliate sul primo insediamento umano della zona che portava il nome di “Borgo all’Isola”; una realtà abitativa medievale collocata lungo un’ansa del torrente Dicomano, spazzata via dalla forza inaudita delle acque e mai più ricostruita.
Non meno suggestiva la descrizione dell’intera epoca medievale, con l’opprimente presenza feudale dei Conti Guidi e del loro castello, la difficile situazione politica di San Godenzo in quel preciso momento storico e la costituzione dei comunelli rurali che regolavano l’economia appenninica sulle montagne del Falterona. Segue poi il lungo periodo delle riforme lorenesi e leopoldine, delle grandi opere pubbliche come l’adeguamento della rotabile tosco romagnola, che rilasciava inattese opportunità economiche e di commercio con la Romagna e le regioni poste a nord del paese.
Una storia lunghissima, segnata in maniera drammatica da guerre e calamità naturali come il terremoto del 29 giugno 1919 che avrebbe distrutto alcune coloniche locali e raso al suolo la Pieve di San Babila.
Ed è proprio a quest’ultimo edificio di culto che l’autore ha dedicato una parte importante del suo lavoro, indicandone il lungo percorso storico, continuamente tormentato da radicali e importanti interventi conservativi e di restauro, che lo relegarono a lungo come la struttura romanica più ricca e prestigiosa dell’intera Val di Sieve.
Non resta dunque che iniziare a leggere il libro “San Bavello, un popolo e la sua Pieve sulla Montagna di San Godenzo” (Edizioni del Poligrafico Fiorentino, pp.235), che sarà presentato sabato 1 settembre alle ore 17.00 nella splendida Pieve di San Bavello, evento che prevede la partecipazione del sindaco di San Godenzo Alessandro Manni e del prof. Silvano Sassolini, relatore e responsabile dell’Archivio Storico Diocesano di Fiesole.
Un’ occasione da non perdere per tutti gli appassionati di storia locale, ulteriore testimonianza e retaggio di un patrimonio inestimabile da apprezzare e valorizzare ma anche un gesto di affetto e di amore per una terra ancora ricca di segnacoli e segreti da raccontare.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 agosto 2018