Un nuovo libro di Felice Bifulco, ‘O ciardino d’ ‘e signurelle
BORGO SAN LORENZO – Non è un libro di argomento mugellano, e lo si capisce anche dal titolo. Ma mugellano, d’adozione, ne è l’autore, Felice Bifulco che vive a Luco di Mugello e che è stato segretario della Camera del Lavoro a Borgo San Lorenzo.
Non è nuovo Bifulco, nel ruolo di scrittore. Ha pubblicato infatti vari libri, di storia locale, con particolare attenzione al mondo del lavoro e all’attività sindacale. Da “La fabbrica dei mattoni sodi. Le fornaci Brunori a Borgo San Lorenzo (1890-1980)“, a “Aldo Mantellassi «artigiano» sindacalista” e a “Il coraggio di cambiare“.
Ora col suo nuovo libro, edito dalla Libreria Alfani di Firenze, ‘O ciardino d’ ‘e signurelle, che viene presentato giovedì 20 giugno alle 15.30 a Firenze, nel Salone Di Vittorio, in Borgo de’ Greci 3, Bifulco cambia completamente zona, perché torna nei luoghi della sua giovinezza, in Campania. E’ la sua autobiografia, e ripercorre così il tempo, i luoghi, la vita delle persone di un piccolo paese della provincia di Napoli. Il paese è Tufino, il nome deriva forse dalla presenza di numerose cave di tufo. Anche “ciardino d’ ‘e signurelle” era circondato da un muro di tufo.
Il libro, arricchito da belle foto d’epoca, non è però la storia del paese e della famiglia dell’autore. È piuttosto il racconto, della natura umana che si esprime attraverso il linguaggio, le usanze, le tradizioni, il lavoro, i rapporti tra le persone. Il tutto racchiuso in un arco di tempo di alcuni decenni della seconda metà del Novecento. Quadri di vita da cui emergono tanti personaggi, figure che con le loro caratteristiche hanno lasciato un segno nella storia della comunità. Il parroco don Troianiello Pignatosta, Aniello Menna, o Patriota e lo schiattamuorto, Don Tommaso, commendatore Falco Raucci, sindaco e padrone, il cui vero padre si dice che fosse Tommaso Vitale, a cui si deve la trasformazione di Nola a città moderna, Pellerino, l’ultimo strillone, Filippone, il parcheggiatore della pizzeria, da Bartolo a Cicciano, le donne che lavoravano nella fabbrica delle ciliegie, d’ ‘e ccerase, come Sisina, zia dell’autore.
E infine la scelta di Felice Bifulco di andare a vivere in provincia di Firenze, in Mugello.
“La scelta – racconta – non fu solo per amore, pensavo di andare a vivere nel paese dove sorgeva il sole dell’avvenire, nella cultura e in una società più civile. Invece i primi tempi furono difficili, rimasi un po’ deluso. Sentivo intorno a me molti pregiudizi. Quello che mi dava più fastidio era quando mi dicevano: “Sei napoletano, sei emigrante””, e io rispondevo: “Sì, sì, sono napoletano, ma non emigrante”. […] E poi mi domandavano se mia moglie fosse napoletana. Ci sono voluti diversi anni per adattarmi e ambientarmi, ho trovato tanti amici senza pregiudizi”.
Nel libro affiora in particolare un personaggio centrale: è la nostalgia, nostalgia per un mondo che in gran parte non c’è più se non nel ricordo. I ricordi sono fatti per essere tramandati perché non si crei una frattura tra il passato e il presente. ‘O ciardino d’ ‘e signurelle è un atto d’amore per il paese che permetterà ai lettori di rivivere quel tempo e di far riaffiorare altri ricordi.
«Napoli-Firenze e ritorno… – scrive Bifulco -. Nel ripostiglio del mio cervello ho scavato ed ho trovato tanti ricordi, erano lì tutti ammucchiati. Ora li ho messi a posto. Mi hanno fatto fare un viaggio Napoli-Firenze e ritorno, ho sentito gli odori, ho afferrato l’atmosfera di quegli anni. Ricominciare da capo, da dove siamo partiti, può essere un modo per rinascere.»