Vallomy Bettarini, Maria Luisa. Succiole al fuoco : la parlata del Mugello nell’uso degli anziani e nelle pagine degli scrittori
Vallomy Bettarini, Maria Luisa. Succiole al fuoco : la parlata del Mugello nell’uso degli anziani e nelle pagine degli scrittori / Maria Luisa Vallomy Bettarini. – Firenze : Polistampa, c2002. – 155 p. : ill. ; 23 cm
Note: In testa al front.: Liceo Scientifico Statale Giotto Ulivi, Borgo San Lorenzo, Firenze
Soggetti: Dialetti toscani – Mugello – Lessico Mugello – Vita sociale – 1950-1960
Classe Dewey: 457.513
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*GP
Una sopracoperta intrigante riproduce la foto di due popolani scalzi in un vicolo di Borgo San Lorenzo (il Ciaccheri regge un catino pieno d’acqua mentre il Gucci mostra dei ranocchi pescati in Sieve)rievocando un passato distante anni-luce da quello presente, anche per i vecchi che l’hanno conosciuto. Ma l’angolazione e l’oggetto di studio sul microcosmo ruraledel Mugello è chiarita dal sottotitolo: la parlata nell’uso degli anziani e nelle pagine degli scrittori. Nelle ricerche sulle tradizioni popolari e nelle memorie di Marisa, una contadina di Sagginale, risalta la dura condizione dei contadini rispetto a chi viveva in città; si comprende quante umiliazioni e violenze si celassero nella struttura agricola mezzadrile, così gerarchica e chiusa. La cruda realtà di questo mondo rurale è il tema di una parte del libro, a cui segue quella dedicataal linguaggio che la nostra gente ha adoperato fino a ieri o che in parte adopera anche oggi, in qualche caso vergognandosene un po’. Purtroppo non tutti sono orgogliosi del proprio lessico come il professor Giuliano Tanturli, che nella prefazione ricorda le ascendenze petrarchesche delle parole trasmessegli dai genitori e dai nonni contadini a Pomino. Probabilmente la mancanza di qualsiasi studio in materia si deve attribuire a un malcelato senso collettivo di inferiorità. Dobbiamo al provvidenziale impegno di una professoressa cresciuta e formatasi in altre regioni d’Italia se oggi apprezziamo il frutto dilunga ricerca,nata nel corso dell’attività didattica che Vallomy ha svolto alla fine degli Anni Settanta nella Scuola Media di Borgo San Lorenzo e poi, sempre nel capoluogo mugellano, all’Istituto Professionale e al Liceo Scientifico “Giotto Ulivi”. Il repertorio linguistico raccolto è ordinato per temi (i figli, la donna, la casa l’ambiente, il lavoro, gli animali, i mesi, il tempo, i santi, le festività, le usanze, scongiuri, malanni, devozioni, i giochi, le filastrocche, il corpo, il cibo, i soprannomi, i diminutivi, il campanilismo, espressioni idiomatiche e locuzioni particolari), accompagnato da un rigoroso glossario di parole mugellane entrate nella letteratura italianacon la citazione dell’uso che ne fanno ben 58autori, da Dante Alighieri a Mario Luzi. A contarle sono molte di più delle trecento paroleche don Milani attribuiva al patrimonio lessicale del suo popolo. Il priore di Barbiana constatavasolo che in minima partefiguravano nei libri e sui giornali e cheal povero mancavano gli elementi basilari per accedere alla cultura “alta”, fatta a uso e consumo di chi ha sempre dominato. Lavera questione stava cioè non tanto nel numero quanto nelladiversità dicultura. Ragguardevole il corredo iconografico, con una bella foto dei primi del Novecento (Dapples), una degli anni Trenta e le altre (di Mario Calzolai e Carlo Adini) cronologicamente più vicine a noi, dagli anni Cinquanta alla fine degli anni Settanta. Vi sono anche numerosi disegni a lapis e acqueforti di Luciana e Patrizia Gabellini.
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