
FIRENZE – Capita spesso che storia e attualità politico-istituzionale si intreccino. E oggi è apparso sul sito della libreria “Il Magnifico” di Firenze (libreriailmagnifico.it) un interessantissimo e documentato articolo storico di Lorenzo Chiari che prende spunto dalla recente decisione dei Comuni di Dicomano e di San Godenzo (articolo qui) di verificare l’opportunità di una fusione. Ebbene, proprio Dicomano e San Godenzo sono protagonisti di un resoconto di Niccolò Machiavelli, nella sua qualità di Segretario della Repubblica fiorentina. Con Machiavelli che già cerca di mettere insieme quelle due “leghe”, riscontrando però non poche difficoltà di “campanile”. Dopo cinquecento anni gli atteggiamenti saranno diversi? Lo sapremo a breve. Intanto leggiamoci questo articolo di Lorenzo Chiari.
Niccolò Machiavelli è noto a tutti noi per i suoi capolavori letterari e per le sue rivoluzionarie teorie politiche tutt’ora attuali, ma molto meno per le funzioni che egli svolse come Segretario della Seconda Cancelleria della Repubblica fiorentina durante il Rinascimento. In particolar modo, tra il 1505 e il 1512 gli fu affidato il delicato compito di reclutare soldati nel contado fiorentino per creare una nuova milizia. L’idea, promossa dallo scrittore stesso, era quella di creare un esercito nazionale, ossia fiorentino, che combattesse per l’onore e non per il denaro, a differenza degli eserciti mercenari. Per far ciò Machiavelli promosse un’ Ordinanza, molto articolata e ben costruita, in grado di generare un organismo politico-militare che stesse in piedi economicamente e amministrativamente1.
Il 30 dicembre 1505 Machiavelli ebbe il primo lasciapassare ufficiale per recarsi nel vicariato mugellano per scegliere tra il popolo del contado gli uomini idonei alle armi. Una volta scelti venivano armati, dopodiché si formavano le compagnie o bandiere. Il Segretario fiorentino prediligeva come luoghi di recluta il Casentino, la Romagna e il Mugello, ritenuti, anche dallo storico Francesco Guicciardini, popolati da uomini più «armigieri», cioè dotati di una tempra adatta alla guerra. Grossa era infatti la stima di Machiavelli per «gli uomini montanari e rozzi2», «avvezzi a’ disagi, nutriti nelle fatiche, consueti stare al sole, fuggire l’ombra, sapere adoperare il ferro, cavare una fossa, portare un peso, e essere sanza astuzia e sanza malizia3».
I primi di febbraio del 1506 si recò a San Godenzo e a Dicomano, dove l’opera di arruolamento trovò le maggiori difficoltà, prodotte in particolar modo dall’inobbedienza dei contadini e dall’esser quei luoghi divisi da gelosie di campanile. È datata 5 febbraio 1506 la lettera che Machiavelli inviò ai Dieci, nella quale egli spiegò le difficoltà incontrate: «Perché le signorie vostre intendino dove io mi trovo con la opera, né si maraviglino di non avere avviso da me, sappino come io arrivai qui in Ponte a Sieve4, ieri fece otto dí, e per essere questa potesteria grande e scompigliata e male fornita di messi, non posse’ avere scritto questi uomini prima che domenica prossima. Dipoi lunedí mi traferii ad Decomano5, dove avevo ordinato per avanzare tempo che fussino li uomini di quella potesteria: ma non mi riuscí, perché non vi trovai se non quelli della lega di Decomano: e di quelli della lega di San Godenzo non ve ne era venuto veruno: onde che il martedí mi traferii ad San Godenzo, dove per la grazia di Dio vennono buona parte delli uomini di quella lega; tanto che nell’una e nell’altra lega, cioè in tutta la potesteria di Decomano, ho scritti 200 uomini, e’ quali fo conto ridurre da 150 indrieto: e mi è suta una fatica grandissima ad condurli, per due cagioni: la prima per la loro consueta e antica inobbedienza, l’altra per la inimicizia quale è fra quelli da Petrognano e’ Campani, che hanno divisa quella montagna. Della parte de’ Campani si sono scritti quelli che io ho voluti scrivere: di quelli da Petrognano e Castagnate , che sono una medesima contro a’ Campani, non se ne volle scrivere veruno; tranne comparse innanzi ad me circa quaranta con el figlio d’Andreasso che è loro capo, e dopo un lungo consigliarsi insieme, quel figliolo d’Andreasso mi disse: che quelli suoi si risolvevano ad non volere andare in alcun luogo dove non potessino ire e’ loro capi; e che si trovassi modo che loro capi fussino securi, e ognuno farebbe ad gara ad venire. Hanno questi loro capi, con detto figliuolo d’Andreasso, bando el capo6 e pare loro buona via ad farsi ribandire7 quando e’ si faccino desiderare. Io riposi loro quello che mi parve, che fu insomma come le vostre Signorie non volevano forzare persona persona ad entrare sotto queste bandiere, ma ne volevano essere pregate, sendo cosa che tornava sí commoda a quelli che saranno scritti. Partironsi senza altra conclusione: e io ebbi piu’ tosto caro che altrimenti, che la cosa andassi cosí: perché questa bandiera sarà tutta d’uno colore; che sendosi quelli scritti, sarebbe suta divisa. Tornai dipoi ieri qua, e attendo ad ordinare di fare la prima mostra di questa potesteria domenica prossima: e benché io abbia scritto questa potesteria trecentotrenta uomini, fo conto ridurli a duegento o meno. Fatto che io arò domenica qua, me ne andrò ad Decomano a fra tre o quattro dí poi arò espedito là e tornerommene. Non se può qui’ dare l’armi ad l’una potesteria e l’altra insieme per essere distanti l’una dall’altra assai; né ho possuto fare queste cose con più brevità: e chi crede altrimenti, lo pruovi e vedrà che cosa è avere ad raccozzare insieme uomini contadini e di questa sorte».
Il Segretario fiorentino cercò di evitare complicazioni, escludendo dal reclutamento le due fazioni opposte della stessa podesteria, con l’evidente obiettivo di tenere l’esercito il più possibile unito: «Importa (oltre alle cose dette) ad uno capitano, se nasce sedizione o discordia tra’ soldati, saperle con arte spegnere. Il migliore modo è gastigare i capi degli errori […] Quando ella fusse discordia tra loro, il migliore modo è presentargli al pericolo; la quale paura gli suole sempre rendere uniti. Ma quello che sopra ogni altra cosa tiene lo esercito unito, è la reputazione del capitano; la quale solamente nasce dalla virtù sua, perché né sangue né autorità la dette mai senza la virtù8».
Machiavelli con la pazienza e con la persuasione trionfò sulle difficoltà, riscuotendo lodi dai Dieci: «Per la tua di ieri intendiamo quanto hai seguíto circa la descrizione9 di coteste dua potesterie, e ci piace assai la diligienzia usata da te, rendendoci certissimi che tu non perdi punto di tempo, e che l’opera di mettere insieme uomini è piú difficile non si dimostra: ma assai fa presto chi fa bene: come presuppogniamo di cotesta opera, circa la quale non ci occorre dirti altro, se non che tu seguiti10».
Lorenzo Chiari
1 L’Ordinanza di Machiavelli prevedeva, principalmente, alla creazione dei Nove della Milizia, ad una dettagliata esposizione delle procedure e delle attribuzioni delle competenze di comando militare e di potestà giuridica sui soldati, ed infine una minuta descrizione dei meccanismi dell’arruolamento, della distribuzione delle armi, delle mostre e delle rassegne.
2 Machiavelli N., Discorsi.
3 Machiavelli N., Dell’Arte della Guerra.
4 Pontassieve
5 Dicomano
6 Sono banditi con pena di morte.
7 Buon mezzo per aver abrogato il bando.
8 Machiavelli N., L’Arte Della Guerra.
9 L’arruolamento.
10 Lettera del 6 febbraio 1506.