FIRENZUOLA – Uno dei personaggi legati a Piancaldoli è senza dubbio l’architetto fiorentino Cecca, che qui morì nel 1488. Il Machiavelli nelle sue Storie, il Vasari nelle sue Vite e anche Tribaldo de Rossi nelle sue Ricordanze ci narrano le sue vicende.
Il suo vero nome era Francesco di Giovanni, nacque nel 1446 a Firenze; fu architetto e ingegnere addetto alle fortificazioni, ma anche all’ideazione e costruzione di macchine belliche; fu impiegato anche nella realizzazione di imponenti apparati scenici utilizzati per le feste religiose.
Il castello di Piancaldoli, dopo alterne vicende legate al suo possesso, venne, nel 1405, assegnato definitivamente alla Repubblica di Firenze, in quanto le era pervenuto in eredità da Giocachino Ubaldini, che trovò la morte nel 1362 ucciso dal fratello.
Il dominio durò fino al 1473, quando papa Sisto IV lo assegnò al nipote Girolamo Riario, signore di Imola e di Forlì e consorte di Caterina Sforza. Dopo il suo insediamento, il Riario provvide a far rinforzare le difese del castello, temendo una rappresaglia dei fiorentini desiderosi di riprendere ciò che consideravano loro. L’occasione arrivò dopo la sua morte, avvenuta a Forlì in seguito ad una congiura ordita dai fratelli Ludovico e Cecco Orsi, appoggiati anche da papa Innocenzo VIII e Lorenzo dei Medici, memore, quest’ultimo, dell’appoggio dato dal Riario alla congiura dei Pazzi.
La Repubblica di Firenze dette mandato agli Otto di pratica e della guerra ( magistratura alla quale veniva demandata, tra l’altro, la difesa dei confini ) affinchè si riprendesse Piancaldoli. Nel 1488, come ci racconta Niccolò Machiavelli nelle sue Storie, fu inviata “di molta gente con polvere, spingarde, scuri e martelli e la direzione l’affidarono a questo loro maestro di macchine, il Cecca.” Questi, con il suo contributo e quello dell’esplosivo, ci dice il Vasari: “ vi entrarono dentro per via di mine e senza colpo di spada”, presero il castello. Secondo l’Ammirato, però più del combattimento, contribuirono alla ripresa di Piancaldoli i 2500 fiorini che i Medici pagarono a Caterina Sforza, che nel frattempo aveva assunto la Signoria di Imola e Forlì in nome del figlio Ottaviano.
Quella di Piancaldoli fu l’ultima impresa del Cecca, difatti il 4 maggio 1488, come dice il Vasari, “ seguitando più oltre il medesimo esercito a certe altre Castella … volendo egli misurare alcune altezze in un luogo difficile, fu ucciso, perciocchè avendo messo il capo fuor del muro per mandar un filo abbasso, un prete che era fra gli avversari, i quali più temevano l’ingegno del Cecca che le forze di tutto il campo, scaricatogli una balestra a panca, gli conficcò di sorte un berrettone ( dardo da balestra ) nella testa, che il poverello subito se ne morì”. Altre versioni dicono che ferito gravemente fu portato a Firenze dove, dopo qualche giorno, passò a miglior vita.
La perdita dell’architetto fu assai grave per i fiorentini, tanto che lo stesso Lorenzo de Medici disse che Piancaldoli era costata troppo e che se Cecca fosse stato preso prigioniero anziché ucciso, avrebbe pagato anche 1000 ducati per riaverlo. Fu sepolto nella chiesa di San Pier Scheraggio.
Dopo questa battaglia, il castello di Piancaldoli, è rimasto legato, a Firenze e a Firenzuola, fino ai giorni nostri. Di questa fortificazione è rimasta attualmente una torre, recentemente restaurata, che viene chiamata Rocca di Caterina Sforza a ricordo della combattiva moglie di Girolamo Riario.
Sergio Moncelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – Febbraio 2021