Anno 1335, le strane bestie del Falterona
MUGELLO – Il monte Falterona è maestoso e affascinante, ma anche piuttosto instabile giacché storicamente ha creato problemi in tutti i versanti. Pur essendo anzianotto, non ero ancora nato durante la frana del 15 maggio 1335, ma ho parlato con chi c’era, e mi ha raccontato di un evento terribile che distrusse totalmente Castagno. Un’altra scossa tellurica ci fu nel 1419, e Bartolo di Bargilla da Castagno decise che, tra terremoti, frane e incursioni di soldati dei Visconti, ne aveva abbastanza. La zona non era vivibile, si doveva cambiar casa; e così prese il figlio Andrea, animali e barrocci trasferendosi nella vicina e sicura zona di Corella, nei campi a ridosso di quel che restava della fortezza di Belforte. Per chi non lo avesse capito, Bartolo era il padre del futuro grande artista Andrea del Castagno. Il giovane visse un’infanzia tranquilla tra i muri mezzi diroccati di quello che fu l’orgoglio dei conti Guidi; dal canto suo il paese di Castagno, chiamato poi Castagno d’Andrea, per non esser da meno del suo famoso… si spostò anche lui più verso valle! Le scosse seguitarono nei secoli senza tregua, come il 18 maggio 1641 quando franò Monte Faino e lo smottamento riempì il laghetto della Gorga Nera. La montagna si mosse di brutto ancora il 15 maggio 1827 nella zona di Pian di Cancelli. Insomma, era un continuo ballettìo, anche senza musica. Per tornare alla frana del 1335, dirò che il terremoto fu preceduto da varie avvisaglie e accompagnato da movimenti d’acque sotterranee che fecero “smottare” un enorme pezzo di montagna, come si può notare ancora guardando le cicatrici del versante. Le cronache antiche fanno capire che ci furono diversi morti e l’enorme massa di fango e rocce scivolò lentamente fin quasi alle porte di Dicomano. E qui fiorirono … strane storie raccontate per primo da Giovanni Villani nella Nuova Cronica: “Nel detto anno a dì 15 di maggio, una falda de la montagna di Falterona da la parte che discende verso il Decomano in Mugello, per tremuoto e rovina scoscese più di quattro miglia infino a la villa si chiamava il Castagno, e quella con tutte le case, persone a bestie salvatiche e dimestiche e alberi sobissò, e assai di terreno intorno..(omissis).. e gittò infinita quantità di serpi, e due serpenti con quattro piedi grandi com’uno cane, li quali l’uno vivo e l’altro morto fuoron presi a Decomano….”. Leggenda vuole che un esponente dei Guidi, aiutato da alcuni popolani, uccise la “terribile bestiola” superstite che, pare, non fosse più lunga di un metro e qualcosa… Ma cosa uscì in realtà quel giorno dalle viscere della montagna e dal buio della foresta del Falterona? Forse una specie d’iguana, una creatura in via di estinzione?
Oppure l’ultimo “varano” capace di adattarsi al nostro clima?
Tutto può essere, tanto più che di leggende di questo tipo se ne contano molte in zona, dal serpente di Ponteruscello al “Regolo” della fortezza di San Martino.
Una cosa è comunque certa; le acque della Sieve e dell’Arno diventarono per due mesi così scure e infette da non potersi più usare né per bere, né per lavare, né per lavorare la lana. E allora, con tutto quel motrione in giro (come l’avrebbe chiamato mia nonna) scrivendo quest’articolo figuratevi se andavo io a .. “risciacquare i panni in Arno”!
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 maggio 2020