Chiesa di San Pietro in Vinculis a Casaglia
Raggiunta la “groppa” della Colla, con il suo valico posto a 921 metri di quota, il viandante che piegando leggermente verso destra scelga di scendere verso la Romagna, si troverà a seguire ancora il groviglio di curve e tornanti della tortuosa regionale Faentina.
L’ambiente è quello tipico dell’Appennino toscano, con fitti boschi di faggio e conifere che concedono solo brevi scorci sul paesaggio circostante. Poco più a valle però, lo scenario cambia di colpo e l’assenza di piante di alto fusto lascia spazio a panorami più aperti, con ampie pasture brulle ed erbosi pendii degradanti verso le sorgenti del Lamone. Ancora qualche tornante e l’abitato di Casaglia si materializza d’incanto, quasi inatteso, piccolo borgo montano di altri tempi, con la sua chiesetta, luogo di frequentazione antica, di silenzi, di natura ancora intatta.
Quasi interamente ricostruito nel secolo scorso a causa di eventi negativi causati dall’uomo e dalla natura, il borgo era anticamente conosciuto con il nome di Pietra Santa. La Curia fiorentina vi rivendicava titoli e diritti anche se maggiori proprietari della zona figuravano i monaci di Crespino, che esigevano laute gabelle per uomini e animali che transitavano in quelle lande solitarie.
Alla fine del XIII secolo, per l’importanza strategica raggiunta, il borgo era acquistato dai fiorentini che nel 1322 vi edificavano un castello in opposizione al Conte da Battifolle, da tempo feudatario ed oppressore di quei luoghi. Nello stesso periodo, la chiesa di San Pietro in Vinculis a Casaglia, aveva accresciuto notevolmente il proprio beneficio parrocchiale grazie a donazioni di proprietà e concessione di livelli.
Inizialmente compresa nel piviere di San Cassiano in Padule, la chiesa sarebbe stata assegnata successivamente a quello di San Giovanni Maggiore, ricevendo poi il beneficio del Fonte Battesimale e il titolo di Prioria ottenuto nel 1640.
All’inizio del Novecento, l’edifico di culto era ormai cadente. Con l’aiuto dei parrocchiani, Enrico Braschi curato di allora, l’avrebbe ricostruito a poca distanza dal precedente e il 30 agosto 1912, la nuova chiesa in stile gotico moderno, era consacrata solennemente dall’Arcivescovo Alfonso Maria Mistrangelo, come ricorda una lapide posta nell’aula, sopra la porta d’ingresso.
Coperta a due spioventi, la chiesa presenta oggi un fronte austero, con angoli e fascia di base in bugnato. Due finestre cuspidate si aprono ai lati del portale d’ingresso, mentre l’oculo circolare sovrasta un altorilievo di terracotta riproducente la fuga di San Pietro dalle carceri romane, grazie all’angelo del Signore che ne avrebbe recise le catene. Sul portale in pesante legno massello, le figure dei quattro evangelisti scolpite da un’artista borghigiano.
L’interno è ad unica navata con pavimento a tessere bicolore e il presbiterio rialzato di due gradini rispetto all’aula. Due colonne quadrangolari sostengono l’arco in stile gotico che divide l’aula dal presbiterio e danno forma al contempo, a una sorta di breve transetto. Una successiva arcata, di stile analogo ma di dimensioni più contenute, disegna l’imposta dell’abside semicircolare, recante a sua volta due monofore cuspidate.
Sempre nel presbiterio, in Cornu Evangelii, si conserva un manufatto decorato con stemma e l’epigrafe dorata Oleum Catechumen, appartenuto alla chiesa vecchia.
Accanto alla parete sinistra, in prossimità dell’ingresso, è collocato il Fonte Battesimale. Realizzato in pietra serena con base e corpo a forma ottagonale, il manufatto a forma di coppa, appare impreziosito da disegni geometrici e rialzato di un gradino rispetto al livello dell’aula. Gli fa da cornice un elegante cancellata di ferro battuto e una nicchia sulla parete laterale che ospita la statuetta del Battista.
Quasi al centro dell’aula, in posizione perfettamente contrapposta, appaiono collocati i due altari laterali che conservano dimensioni e architettura pressoché speculari. Nella parte superiore, entrambi le strutture conservano, raccolte in una teca di vetro, le immagini del santo cui sono dedicate, rispettivamente la statua del Sacro Cuore sull’altare di sinistra e una Madonna del Rosario nella nicchia sopra l’altare di destra.
Accanto a questo altare, in prossimità dell’ingresso, riposano le spoglie di don Enrico Braschi, come ricorda la lapide di pietra apposta dai parrocchiani nel 2008.
Di qualche pregio anche la sequenza della Via Crucis, con formelle di terracotta policroma dal disegno e foggia particolari da attribuirsi a un probabile artigianato locale.
Scheda e foto di Massimo Certini
© Il Filo – Arte e cultura in Mugello – 29 agosto 2019