La burraia di Cornacchiaia
FIRENZUOLA – Nel territorio di Firenzuola l’allevamento è sempre stata una parte importante dell’economia. Questo insieme alla coltivazione del castagno era alla base dell’alimentazione e della produzione di reddito per la popolazione. Un rapporto della Camera di Commercio di Firenze, redatto nel 1908, calcolava la consistenza degli animali d’allevamento in circa 6000 bovini adulti e 2000 vitelli, 1000 maiali, circa 20000 capi tra ovini e caprini e un giro d’affari di circa 200000 lire annue per la produzione di uova e polli; da tener conte che la popolazione all’epoca era di circa 13000 abitanti. Fin dal XV secolo, lo Statuto del 1418 e gli aggiornamenti successivi, dedicano diverse rubriche all’ordinata gestione e allevamento degli animali domestici, a sottolineare l’importanza di questi per la vita del tempo. Nel popolo del comunello di Cornacchiaia, che aveva all’epoca circa 300 abitanti, nelle portate del catasto del 1427 sono numerosi i piccoli proprietari ( che sono in maggioranza tra le famiglie del borgo ) che posseggono pezzi di terra a fieno o prato per pastura e capi di bestiame, da pochi capi a consistenze più notevoli; per esempio Giovannino e Lorenzo di Pieruzzo possiedono 36 tra vacche e vitelli, 7 cavalli, 10 porcelli e 355 tra pecore e capre, animali che nel periodo invernale portano nei pascoli in Maremma; annualmente producono 1500 libbre di formaggio e 1050 di lana ( una libbra sono circa 340 grammi ).
La diffusione abbastanza massiccia di animali produttori di latte faceva si che questo venisse lavorato per favorirne la conservazione. Un’indagine dell’Accademia dei Georgofili attesta che nel 1834 a Firenzuola operavano 42 cascine che fabbricavano il burro. Nel ‘700 è documentata una grossa produzione di burro, oltre a formaggi e ricotta, nei possedimenti dello Stale, di proprietà dei monaci di Badia a Settimo, dove venivano allevati numerosi capi di bestiame bovino. La produzione, assai cospicua, era tutta assorbita dal mercato della città di Firenze.
La burraia di Cornacchiaia
La nostra è una piccola burraia ad uso domestico, appartenente alla pieve di Cornacchiaia, e della quale si ha la documentazione della costruzione sul cronicon parrocchiale in un elenco di opere realizzate dal pievano don Elio Righini, senza data ma presumibilmente eseguite negli anni 30:
“Costruzione in muratura di una piccola cella sotterranea provvista di fonte freschissima adibita ad uso di burraia e caciaia”.
La costruzione è stata effettuata su una piccola vasca edificata dopo il 1861, sul luogo presunto nel quale avvenne il miracolo della moltiplicazione dei pesci, ad opera di Sant’Antonino in visita pastorale alla pieve (articolo qui). L’edificio è costruito in pietra, parzialmente interrato, con un pavimento un tempo a lastre e oggi in cemento. L’interno è molto semplice: vi è una piccola vasca in muratura che riceve l’acqua della sorgente. Il troppo pieno oggi cade sul pavimento e fuoriesce da un foro posto sotto la porta d’ingresso.
Utilizzo della burraia
Il latte appena munto veniva messo a riposare in catini di terracotta smaltata, immersi nell’acqua fredda della vasca, fino all’affioramento della panna. La panna veniva messa dentro un contenitore di legno, chiamato zangola, e veniva lavorata con un apposito bastone finchè non solidificava. Con il burro ottenuto venivano modellati dei panetti, con apposite forme di legno, e poi messi ad assodare nell’acqua corrente. Il prodotto poteva essere conservato nella burraia, grazie alla bassa temperatura del locale, favorita dalla limitata presenza di pareti esterne e di aperture, dall’acqua corrente e dall’ubicazione in luoghi ombrosi. All’interno della burraia potevano essere conservati anche formaggi e addirittura la lana delle pecore appena tosate.
Descrizione e funzionamento della zangola
La zangola a mano consiste di un cilindro col fondo chiuso e un coperchio forato al centro; nel foro passa l’asta di uno stantuffo che reca all’estremità alta l’impugnatura per agitare e a quella bassa, nel cilindro, un disco di legno di diametro di poco inferiore a quello interno del cilindro. Tutte le parti sono in legno. Ne esistono di diverse capacità, dal litro alla decina di litri. La panna viene versata nel cilindro che viene quindi chiuso col coperchio, dopodiché si comincia a sbatterla agitando lo stantuffo. La conversione in burro richiede circa un paio d’ore di continua agitazione.
Sergio Moncelli © Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 16 Luglio 2021