La capitale del Mugello
MUGELLO – Il titolo è recente, la conquista controversa e audace. Del resto, in una terra di campanili e di torri, questa è la norma. Devo dirlo in premessa: se guardi alla storia non c’è partita. Scarperia! Già nel battesimo sono impressi i segni di un futuro da dominatrice. Stazione di posta, baluardo difensivo con tanto di giglio nel gonfalone, tribunale, presidio militare a guardia della strada. Fu proprio la strada a decidere. Il castello venne edificato ai piedi degli Appennini. Proprio da lì scorreva la via principale di collegamento tra le pianure ubertose del settentrione e Firenze (e Roma naturalmente). E infatti da quella strada è passato il mondo: papi e granduchi, eserciti e pellegrini, Montaigne e mezza genia medicea. Quando nasce il vicariato la capitale non può essere che Scarperia.
La storia vira nell’Ottocento, per essere precisi nel 1848. Non che Borgo fosse un villaggio di nessuna importanza. Se nella Gerusalemme delle tre religioni monoteiste si aprono ben otto porte di accesso alla città vecchia, il castello di Borgo ne vantava solo una di meno. Giraldo di Dante Giraldi, il sovrintendente alla costruzione della ‘terra murata’, sapeva il fatto suo e edificò davvero una città con tutti gli attributi. E però da Borgo passava la Faentina, strada pur importante ma non dello stesso livello della carrozzabile detta nel medioevo ‘via dei monaci’. Quando la strada maestra perde di peso, si scatena l’inferno.
Il tempo è quello del Granduca, l’anno il 1848. Se ti guardi intorno rivoluzioni, moti liberali, il manifesto di Marx. Qua da noi, il consigliere di prefettura Lapi aveva stilato di sua mano un memoriale anch’esso rivoluzionario proprio perché non lasciava scampo alla vecchia ‘granduchessa’. Borgo o morte. In paese vi erano pregiate spezierie, manifatture e filande, infine un mercato cui si recavano i commercianti di mezzo Mugello a trattare bestiame e sementi. Insomma, lo sviluppo economico aveva fatto la sua scelta affondando la regina nel trapassato remoto. Il putiferio scoppia nella riunione del collegio elettorale. L’elezione del traditore Lapi viene contestata, si arriva alle mani, si pretende che la sede sia Scarperia. Borgo giammai! Settimane di ferro e di fuoco, naturalmente. Non si spianarono i fucili ma poco ci mancò. Fu la guerra d’indipendenza a mettere fine alla disputa. Borgo!
Da allora il cammino è stato tutto in discesa. Qui gli uffici amministrativi, qui i palazzi della politica e delle istituzioni sovramunicipali. Qui, col tempo, anche i negozi di qualità più alta. A voler essere pignoli e per non far torto a nessuno, potremmo magari mantenere il ruolo di capitale storica dove i fiorentini lo fissarono. Perché non c’è dubbio alcuno che Scarperia, dal punto di vista architettonico, sia di una bellezza emozionante.
Un bel consolato, ecco. A condizione che il connubio con San Piero non rilanci le ambizioni di Palazzo dei Vicari per scalzare Borgo dal podio. Non che colga i segni di future sommosse, tuttavia in politica e nella vita mai dire mai.
Riccardo Nencini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 aprile 2019
Se la supremazia di Borgo viene fatta risalire alla presenza del mercato settimanale, ALLORA VIVA SCARPERIA.
Purtroppo oggi, si valutano anche quante sono le apparizioni con la fascia, con le forbici e con la bocca piena.