La chiesa di San Lorenzo a Montepoli
SCARPERIA E SAN PIERO – L’intera zona attorno Sant’Agata conserva un consistente patrimonio di manufatti ad elevato interesse storico, testimonianza di un territorio le cui caratteristiche di abitabilità, hanno favorito in ogni epoca la crescita e lo sviluppo dell’attività umana.
Il periodo medievale resta senza dubbio come il più documentabile e riconoscibile nella storia di edifici di culto, fortificazioni e tracce ancora nitide di una viabilità essenziale ai collegamenti tra Toscana e Romagna, ancora attiva alla fine del XIII secolo. Da qui transitava infatti, il leggendario percorso che saliva al passo dell’Osteria Bruciata, per scendere poi alla pieve di Cornacchiaia e proseguire verso Camaggiore e Bordignano.
Proprio lungo questa strada, poco fuori il borgo di Sant’Agata in direzione Montepoli, restano visibili i ruderi del castello di Ascianello, struttura fortificata voluta dagli Ubaldini per lo sbarramento ed il controllo della viabilità e riferimento di un’estesa corte della quale faceva parte anche la stessa pieve di Sant’Agata.
Di modeste dimensioni ma di grande valore strategico sul territorio, il castello di Ascianello fu distrutto dai ghibellini attorno al 1260, all’inizio di quell’epica espansione fiorentina che avrebbe mutato per sempre assetto politico e sociale di tutto il contado. Pur conservando al suo interno un discreto numero di edifici ed una chiesetta intitolata a San Iacopo, il complesso non fu mai più ricostruito. Solo la chiesa si sarebbe conservata nel tempo, mantenendo il titolo ed il proprio ruolo pastorale almeno fino al 1774, momento in cui il popolo di San Iacopo fu unito in perpetuo a quello della vicina chiesa di San Lorenzo a Montepoli.
Collocata sulla stessa via appenninica, a breve distanza dal castello, anche questa chiesa era compresa nell’enorme patrimonio di beni che gli Ubaldini possedevano in questa parte del Mugello occidentale. Questo edificio sacro è posto sulla riva destra del torrente Cornocchio, adagiato su di un terrazzo naturale che offre scorci suggestivi sull’abitato di Sant’Agata e sulla campagna circostante.
Le memorie più antiche di San Lorenzo appartengono ad alcune carte rogate in Sant’Agata nel 1251 anche se i documenti più importanti e conosciuti sembrano ascrivibili alle vicende della famiglia Ubaldini e al lungo patronato da loro stessi esercitato sulla chiesa. Con un testamento del 23 luglio 1254, Albizzo del fu Azzone Ubaldini, donava dieci lire di moneta pisana per la ricostruzione della chiesa. Altri documenti rogati sul finire dello stesso secolo, riferiti alla compravendita di terreni, testimoniano il ruolo e l’influenza conseguita dalla chiesa sullo sviluppo e la crescita socio economica locale. Dal 1306, con l’avvento della Repubblica Fiorentina e la fondazione di Castel San Barnaba, tutta la zona attorno Sant’Agata avrebbe perso parte del proprio potere strategico. L’antica via appenninica, fino ad allora frequentatissima, era di fatto abbandonata, sostituita dal nuovo percorso che attraverso il valico del Giogo univa le due “terre nuove” di Scarperia e Firenzuola. Molti componenti il popolo di Montepoli abbandonarono la parrocchia per trasferirsi nella nuova San Barnaba, attratti dalle facilitazioni offerte dalla Repubblica, non ultime le esenzioni temporali da qualsiasi gabella o gravame fiscale.
Tuttavia, proseguiva in San Lorenzo l’antico mandato pastorale, sostenuto ancora dal patronato degli Ubaldini, con alcuni rappresentanti della famiglia che vi mantennero a lungo il ruolo di rettore e il possesso della chiesa. Nel 1419 era signore di San Lorenzo a Montepoli, Messer Uguccio di Bonifazio degli Ubaldini da Gagliano, con il titolo di rettore ottenuto in eredità da Mario di Talano Ubaldini. Uguccio rimase a lungo parroco di Montepoli, come a proseguire quella tradizione familiare nella conduzione della chiesa che si sarebbe interrotta solo nel corso del XVIII secolo. Il 5 ottobre 1568 la chiesa ottenne il titolo di prioria ma poco tempo dopo, nello stesso anno, l’intera struttura sarebbe crollata irreparabilmente.
Ritenuta al tempo tra gli edifici sacri più importanti della zona, fu in breve tempo ricostruita e restituita al culto nel 1613, ricca di una moderna architettura, probabilmente non molto diversa da come la vediamo oggi. La chiesa è inglobata in un massiccio complesso di antiche costruzioni in precario stato di conservazione, che mostra caratteri di autenticità ed urgenti necessità di restauro. Tutti i muri presentano tracce di un intonaco ormai cadente dal quale emergono parti di filaretto con bozze irregolari e laterizi.
Austera e possente, la torre campanaria emerge quasi al centro dell’impianto, oppressa da una particolare disposizione dei fabbricati che la vogliono stretta fra gli ambienti della canonica e l’angolo anteriore destro della chiesa, fino a generare una gradevole alternanza architettonica dei volumi. Coperta a padiglioni, la torre mostra quattro ampi fornici dove alloggiano due campane; la più antica è del 1313 e l’altra del 1545.
Singolare e forse unico in Mugello, l’accesso al luogo di culto, preceduto da un avancorpo chiuso e coperto ad unico spiovente. Questa sorta di porticato mostra un prospetto con portale di pietra e timpano interrotto dal simbolo eucaristico, con due finestrelle poste ai lati e munite di grata metallica.
All’interno di questo spazio, sull’architrave della porta di accesso vero e proprio all’aula, campeggia il simbolo in pietra della famiglia Ubaldini. L’effige è al centro di un’elaborata cornice mistilinea, con il massacro del cervo e lo scudetto rotondo del Popolo fiorentino racchiuso tra le corna, raro esempio in Mugello dell’iconografia ubaldina, giunto integro ai nostri giorni grazie alla sua collocazione che lo preserva dalle intemperie.
L’interno della chiesa è ad unica navata, pavimentato in cotto e completamente intonacato. Robuste capriate lignee sostengono una copertura a due spioventi di tegole e coppi. Gli altari laterali sono due, con mensa di pietra sorretta da colonne cilindriche. Ospitano rispettivamente le statue di Santa Lucia e un Sant’Antonio col Bambino.
Ormai vuote e prive delle pitture originali, le cornici in pietra che li sovrastano. I confessionali sono ai lati dell’aula, nella parte mediana; hanno disegno lineare, incassati e ricavati direttamente nello spessore delle pareti. Il presbiterio è rialzato di tre gradini secondo l’uso medievale, delimitato da una balaustra con colonnette quadrangolari e illuminato da due monofore laterali cuspidate. Sulla parete di fondo, ai lati dell’altare, si aprono due porte con stipiti di pietra e trave modanata che danno accesso alla sacrestia.
L’Altar Maggiore conserva l’orientamento preconciliare “versus Deum”. Ha mensa di pietra sorretta da due colonne cilindriche identiche a quelle degli altari laterali. Il tabernacolo per il Santissimo è di pietra, con disegno lineare ma finemente lavorato. Sulla parete dietro l’altare, resta l’imposta in pietra della pala d’altare, con cornice modanata impreziosita da fregi e volute, recante alla sommità il simbolo eucaristico. Vi si conservava una pregevole tempera su tavola della Madonna col Bambino fra i santi Girolamo, Lorenzo, Giovanni Battista e Nicola.
L’opera realizzata all’inizio del Cinquecento, mostra i tratti tipici dell’arte figurativa fiorentina dell’epoca. Recentemente restaurata, è conservata ora a Sant’Agata, nell’oratorio della Compagnia di San Jacopo, sede museale espositiva della Raccolta di arte sacra intitolata a Don Corrado Paoli, splendida e significativa rassegna di opere provenienti dalle chiese suffraganee presenti nel piviere di Sant’Agata, che testimonia e valorizza l’identità sacra e artistica di tutto il territorio.
scheda e foto di Massimo Certini
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 gennaio 2021