L’Oratorio della Madonna del Vivaio
SCARPERIA E SAN PIERO – Nella sua “Descrizione della Provincia del Mugello” pubblicata nel luglio del 1747 Giuseppe Maria Brocchi racconta che nella Cura della chiesa di San Michele a Ferrone è :”L’oratorio di Santa Maria detta del Vivaio, ove è un’immagine della Santissima Vergine assai miracolosa, nuovamente fabbricato presso le mura di Scarperia con ottimo disegno e nobilmente arricchito con ornamenti dalla pietà dei popoli circonvicini..” Questa singolare costruzione fu realizzata fra il 1724 ed il 1741 su disegno di Alessandro Galilei, unico progetto in Toscana dedicato ai luoghi di culto dall’architetto fiorentino.
L’edificio è collocato appena fuori l’abitato di Scarperia lungo la strada che porta a Sant’Agata, su una modesta depressione costretta fra il lato ovest del Palazzo dei Vicari e la riva sinistra del torrente Levisone. In questo lembo di terreno compreso nel beneficio parrocchiale di San Michele a Ferrone confluivano due sorgenti che davano forma ad un vivaio. Accanto al piccolo invaso era un tabernacolo della Madonna col Bambino, detta appunto del Vivaio, ma conosciuta anche come Madonna della Febbre per i benefici miracolosi ottenuti dai malati di ipotermia. Si racconta che “benché dipinta sul muro la Madonna avesse chiuso e aperto gli occhi più volte e fatto altri miracoli” il primo dei quali avvenuto nel 1723, con episodi analoghi ripetuti più volte fino al 1730 sempre testimoniati. Dopo il primo evento, Domenico Romagnoli parroco di San Michele al Ferrone, si adoperò per raccogliere elemosine e costruire un oratorio in onore della Madonna miracolosa, ma non avendo raccolto fondi sufficienti, chiese ed ottenne dal Vicario, un sussidio di 60 scudi necessari per iniziare l’opera.
La prima pietra dell’oratorio fu posata il 7 agosto del 1724 alla presenza dei tecnici e dei rappresentanti della Curia vescovile fiorentina. I lavori di costruzione si conclusero solo dopo diciassette anni con l’immagine della Madonna traslata dal tabernacolo sopra l’Altar Maggiore, all’interno dell’oratorio. Su commissione dell’Ordinario Fiorentino il nuovo luogo di culto fu benedetto e consacrato solennemente il 14 agosto 1741 da Domenico Romagnoli Proposto di Scarperia, con la prima Messa celebrata da Don Giuseppe Maria Raggioli pievano di Fagna al cospetto dei canonici fiorentini e di una moltitudine di fedeli.
La vita dell’oratorio è apparsa spesso tormentata, caratterizzata fin dall’inizio da periodiche ristrutturazioni e restauri, molti dei quali determinati dall’instabilità e permeabilità del terreno sul quale poggiano le strutture. Nonostante forme e linee non concordino con quelle medievali del borgo, l’oratorio costituisce ormai un elemento paesistico distintivo che si innesta perfettamente nel palinsesto dei monumenti più antichi fino a restituire uno scorcio fra i più caratteristici di Scarperia, particolarmente gradevole se osservato in lontananza, dall’estrema periferia ovest del paese.
L’aspetto esteriore dell’edificio ci pone al cospetto di un’architettura particolare costituita da un basamento dalle geometrie articolate, con avancorpi laterali che denunciano la presenza di cappelle interne. Su questo basamento caratterizzato da un paramento di bozze a vista si eleva una struttura intonacata perfettamente cilindrica conclusa da una copertura conica, a sua volta sormontata da una lanterna. La facciata presenta due nicchie laterali vuote e una lapide sopra l’ingresso dall’epigrafe indecifrabile. Nella parte posteriore sono gli ambienti della canonica realizzati verso la metà dell’Ottocento e la piccola torre campanaria eretta all’inizio dello stesso secolo.
L’interno di gusto neo classico è attualmente privo di pavimentazione e si apre su una pianta circolare dalle dimensioni generose, un ambiente completamente libero da infrastrutture che conferisce allo spazio di preghiera un arioso respiro di sacralità.
La luce vi giunge dai quattro finestroni laterali e un suggestivo fascio luminoso scende dalla cupola a schiarire l’area del celebrante.
Il perimetro circolare dell’aula è scandito da otto pilastri con lesene disposti ad intervalli regolari che si alzano fino all’imposta della struttura cilindrica sulla quale si appoggia la cupola. Sulla trabeazione superiore che unisce i pilastri è riportata a caratteri cubitali la citazione biblica tratta dal libro di Giuditta:”benedixit te deus in virtute sua quia per te ad nihilum redegit inimicos nostros” (Dio ti ha benedetto nella sua potenza perché attraverso te abbiamo ridotto a nulla i nostri nemici).
Sull’aula si affacciano tre cappelle, con quelle laterali più piccole, scandite da un arco a tutto sesto e coperte da volta a botte.
In quella di sinistra era un tempo la tavola dell’Annunciazione attribuita a Giovanni Balducci detto il Cosci ora traslata sul secondo altare di sinistra nella Propositura dei SS. Jacopo e Filippo.
Nella cappella di destra resta un’elaborata rappresentazione a fresco della Sacra Famiglia realizzata dal pittore Stefano Amigoli nel 1778.
Sulle pareti laterali della stessa cappella sono due lapidi marmoree che celebrano il sacrificio dei caduti nel primo conflitto mondiale; la prima ancora attraverso una citazione tratta del Libro di Giuditta e l’altra dal lirico patriottismo leopardiano proposto dell’inno “All’Italia.” Perfettamente contrapposta alla porta d’ingresso è la cappella maggiore che ospita la celebre immagine ad affresco della Madonna miracolosa. Il dipinto trova giusta collocazione in posizione elevata, sopra l’altare, racchiuso in un’edicola di marmo impreziosita da lesene e timpano triangolare.
Più volte rimaneggiata l’opera raffigura la Madonna seduta su uno scranno con in grembo il Bambino che indossa solo due braccialetti ed una collana di corallo. Dietro le figure si elevano mura merlate con chiaro riferimento al castello di Scarperia. Datazione ed attribuzione dell’opera creano discordia fra gli storici che indicano un tempo di realizzazione prossimo al XIV – XV secolo. Tuttavia, Padre Lino Chini nella sua “Storia antica e moderna del Mugello,” forse con troppa leggerezza, considerava l’affresco databile al XIII secolo attribuendone la paternità al grande Cimabue maestro di Giotto.
Nella volta della cappella che copre il tabernacolo restano le figure di alcuni angioletti, residuo di un’opera più ampia compiuta da Dino Chini nel 1935. Nella prima metà dell’Ottocento l’edificio necessitava già di radicali interventi conservativi, periodicamente compiuti fino alla metà del secolo successivo. Interdetto al culto negli anni venti del Novecento fu oggetto di nuovi dissesti strutturali che ne determinarono la chiusura definitiva nel 1960. In epoca recente è stata intrapresa una nuova campagna di restauro che insieme alle strutture ha interessato anche il consolidamento del terreno circostante. Vuole una tradizione popolare, che i giovani di Scarperia la sera di San Giovanni si bagnassero gli occhi con l’acqua della fonte, così da poter sognare quella notte il volto del futuro coniuge.
Massimo Certini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 16 Giugno 2024
Un articolo meraviglioso, come tutti quelli di Massimo Certini. Complimenti.