“Madonna del Cardellino” di Agnolo Gaddi (1380-1385). La scheda del restauro
BORGO SAN LORENZO – Riportiamo qui una sintesi della scheda relativa al recente restauro dell’opera “La Madonna con Bambino e otto angeli” detta “Madonna del Cardellino” di Agnolo Gaddi (Firenze 1350-1396), datata 1380-1385 – misure cm 197×76 (L.tavola) x 81,5 (registro superiore). Si tratta di una tempera e oro su supporto ligneo costituito da tre tavole- ancona centrale di un polittico smembrato (qui un articolo sul suo ritorno in pieve).
Il restauro, avviato l’11 ottobre 2021 e finanziato dalla Fondazione Cassa Risparmio Firenze, su proposta del parroco della parrocchia di San Lorenzo, don Luciano Marchetti, è stato realizzato dalla ditta L’Atelier di Firenze, sotto la direzione della funzionaria della Sovrintendenza Jennifer Celani, e conclusosi nel dicembre 2022. A metà marzo 2023 si è proceduto alla riconsegna e alla ricollocazione nella Pieve.
Ad oggi non abbiamo notizie storiche e documenti che attestino commissioni ad Agnolo Gaddi ed alla sua bottega per la Pieve di Borgo San Lorenzo, o ad altre chiese e monasteri limitrofi, ma sappiamo da studi effettuati in passato che l’opera è documentata nella Chiesa già nel 1864, appesa al secondo pilastro, come si legge nella scheda del Dott.re Bruno Santi del 1983 recuperata nell’archivio del Catalogo in via Lambertesca.
Ulteriore possibilità è che la tavola, superstite di un polittico, sia stata incamerata con le soppressioni napoleoniche (1800-1810) o con altre soppressioni rendendo difficile oggi trovare documenti originari, ma non certo impossibile fare un tentativo. Sarebbe necessaria una lunga ricerca nel “Fondo dei Conventi soppressi dal Governo francese”, nell’Archivio di Stato o nel “Fondo delle Compagnie religiose soppresse”, suggerimento sollevato dalla Dott.sa Enrica Neri Lusanna.
La grande ancona, era stata collocata sulla parete destra in fondo alla navata, con staffe e protetta da un vetro dopo l’ultimo intervento di restauro del 1983.
La pala, in passato è stata attribuita ad autori anonimi quali il “Maestro delle Madonne”, talvolta anche assegnata ad uno stretto seguace di Agnolo Gaddi, il cosiddetto “Compagno d’Agnolo”, ed alla mostra del 1933, a San Marco a Firenze, con attribuzione a Scuola fiorentina del Quattrocento, e attribuita infine a Agnolo Gaddi da Boskovitz nel 1975 e riconfermata successivamente da tutti gli studiosi dell’arte fiorentina del IV secolo, compresi la professoressa Sonia Chiodo e il professore Andrea de Marchi dell’Università di Firenze che hanno potuto ammirarla in una visita al nostro laboratorio durante il restauro e confermarne la paternità.
Rappresenta un vero capolavoro della pittura fiorentina del periodo, tesa a sottolineare, probabilmente anche in sintonia col desiderio della committenza, la ricchezza e la profusione decorativa, l’eleganza e la delicatezza del linguaggio formale, indice dell’influsso della sensibilità tardogotica che ha ormai preso il posto della robusta realtà spaziale e fisica delle rappresentazioni più antiche di derivazione giottesca.
DESCRIZIONE DELL’OPERA
La grande ancona, dalla forma goticamente allungata costituisce sicuramente il pannello centrale di un polittico i cui laterali sono andati dispersi, o comunque se sopravvissuti allo smembramento non ancora stati identificati né sul mercato privato né nel deposito di qualche chiesa.
Il polittico era probabilmente destinato all’altare maggiore della pieve di Borgo San Lorenzo o di un’altra Chiesa, come era consuetudine nel Medioevo. Purtroppo ancora non è stato trovato notizia sull’opera che possa ricondurci al luogo originario con certezza. L’attribuzione dell’opera è certa e dunque è auspicabile sperare che negli studi costanti sull’artista e la sua bottega possa emergere qualche notizia utile alla sua provenienza e committenza.
Non escludiamo che possa essere stata realizzata per la Pieve di Borgo San Lorenzo in quanto la famiglia Gaddi aveva possedimenti nel Mugello e sicuramente la Pieve era già allora un fulcro importante nell’area a nord di Firenze, sia per la viabilità che per il commercio e ricca di famiglie fiorentine che commissionavano opere nella zona.
Il dipinto raffigura la Madonna seduta in un trono sovrastato da un baldacchino: il drappo d’onore. Il trono, costituito da un grande cuscino a granitura dorata e dipinta di elevata fattura e da un prezioso drappo sostenuto dagli angeli, dove l’interno rosso appare come ricamato con motivi faunistici e floreali e l’esterno; di fondo nero con motivi dorati.
La doratura degli antichi dipinti a fondo oro prevedeva una serie di procedimenti volti ad ottenere il massimo di luminosità e splendore della superficie. In particolare le aureole, i diademi, le bordure degli abiti appaiono zone deputate ad accogliere minuti motivi decorativi. Nella bottega dei Gaddi doveva essere alta la specializzazione a lavorare l’oro, a creare rilievi in pastiglia, a granire e punzonare le superfici. Diffusissimi appaiono poi gli interventi realizzati attraverso incisioni o utilizzando punzoni capaci di imprimere sulla superficie piccoli motivi decorativi: cerchi, stelle, fiori stilizzati in modo da valorizzare alcuni spazi secondo modalità decisamente prossime a quelle sperimentate nella contemporanea arte orafa il tutto per ottenere diverse riflessioni luminose e raggiungere il massimo splendore della superficie.
L’oro, la lamina brunita e splendente è in assoluto il materiale che cattura più intensamente la luce, considerato principio spirituale in grado di rivelare nel sensibile il disegno superiore: elevando le cose da materiali a immateriali. La lavorazione dell’oro con l’incisione moltiplica la riflessione della luce e anche l’oro e colore creano effetti visivamente suggestivi.
La Madonna è vestita di un abito bianco raffinato con decorazioni d’oro granito, a simulare ricami preziosi, e con il manto blu che ne racchiude i contorni con l’interno di colore verde, e chiuso da una spilla dorata in pastiglia a forma di rosa, molto lacunosa.
La Madonna con la mano sinistra sostiene il Bambino Gesù, che addita con la manina verso un cardellino che la madre ha sulla mano destra e che accenna ad un gesto elegantissimo.
Quattro angeli in alto sorreggono il ricco broccato che funge da spalliera al trono. Altri quattro sono inginocchiati ai piedi della Vergine, in atto di adorazione. Le loro vesti sono cromaticamente luminose. La Madonna è rivolta all’osservatore e si mostra serena nella sua impostazione solenne, sulla sua aureola si legge “VIRGO MARIA MATER DEI GRATIA ORA (Pro nobis)”, su quella del figlio si legge “LES.U.M.ACE.RE(?)”. Il Bambino Gesù con una veste gialla decorata ai polsi ed al girocollo in oro, e avvolto in un manto rosa anch’esso decorato sulla bordatura, tiene con la mano sinistra un cartiglio con la scritta “EGO SUM LUX MUNDI” e con la mano destra si avvicina al cardellino che è raffigurato con le ali alzate.
Le aureole o nimbi degli angeli creano come quelli della Madonna e del Bambino effetti di aura luministica che catturano l’attenzione e al contempo suggeriscono una mistica della luce. Noi oggi fatichiamo a restituire in maniera concreta il senso di questa percezione anche perché le tavole erano esposte all’interno delle chiese, sempre immerse in una luce accidentale ed irregolare e la luminosità dell’oro creava sicuramente effetti di “aura” luministica difficili oggi da riproporre ma solo da immaginare perché siamo abituati all’illuminazione luce artificiale.
Dei quattro angeli del registro superiore si osserva che le aureole di tre angeli sono uguali, con punzonature tipiche della bottega dei Gaddi come abbiamo potuto apprendere dal libro “Punch marks from Giotto to Fra Angelico “Attribution, chronology, and workshop relationships in Tuscan panel painting : with particular consideration to Florence, c.1330- 1430 by Erling S. Skaug,
Mentre l’angelo a destra ha un’aureola dove si legge “Ang(e)lus Dei alt(issimi?)”. Le aureole dei quattro angeli nel registro inferiore sono tutte diverse e non riportano le punzonature presenti nel registro superiore. Sull’aureola dell’angelo inginocchiato a sinistra si legge:”abcdefghiklmnopqr”, (molto originale come scritta), mentre sulle altre aureole sono presenti sbalzature a forma di foglie di edera.
Siamo quindi di fronte ad un’immagine religiosa molto ricca di riferimenti spirituali e simbolica. Il Cardellino rimanda alla Passione di Cristo. Isidoro da Siviglia, dice che il cardellino si chiama così perché si nutre di spine e di cardi. A partire dal 1270 i pittori tendono a ritrarre il cardellino perché lo collegano alla sua abitudine di posarsi sui rami spinosi. Si racconta che le piume rosse del suo capo derivino dall’essersi punto con le spine della corona di Cristo.
Inoltre nella tradizione cabalistica la mano destra rappresenta l’Amore e la Misericordia, mentre la sinistra il Rigore e la Giustizia. Nel dipinto è la Vergine che tiene il cardellino nella mano sinistra, quindi quella mano assume il significato di sacrificio e rigore perché anticiperà la Passione che il Figlio dovrà subire; mentre il Bambino che con la mano destra sembra che voglia indicare il cardellino o prenderlo, può assumere il significato di “amore e misericordia” perché è solo per un grande atto di amore e misericordia che Gesù Cristo dona se stesso per la salvezza dell’Umanità ed accetta.
L’opera è stata realizzata da Agnolo Gaddi con tempera ad uovo, secondo la tradizione trecentesca, e secondo tecniche che si erano standardizzate. La scelta dei materiali da utilizzare era effettuata sulla base delle conoscenze acquisite nel tempo, insegnate e tramandate dai maestri ai discepoli, e Agnolo Gaddi è stato in grado di realizzare capolavori dal punto di vista espressivo, che possono sfidare i secoli in quanto eseguite con tecniche validissime, come si legge nel Libro dell’Arte scritto da Cennino Cennini, allievo di Agnolo Gaddi.
Dott.ssa Jennifer Celani
Direttore dei lavori di restauro
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – Gennaio 2023