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“Ombra in Cocìto”, di Margherita Guidacci

Dante in Cocìto, manoscritto Yates Thompson 36 della British Library di Londra, foglio 59 recto

Dante in Cocìto, manoscritto Yates Thompson 36 della British Library di Londra, foglio 59 recto

Ombra in Cocíto è una delle poesie più conosciute di Neurosuite (1970). In questi versi Margherita Guidacci, grazie all’immaginario dell’Inferno dantesco, colloca efficacemente l’esposizione della personale sofferenza psichica sullo sfondo del generale dolore della corsia ospedaliera dei malati.

 

OMBRA[1] IN COCÍTO[2]

 

Non solo[3] i duri ghiaccioli

che ti pendono agli occhi

quando chini la testa[4].

 

Non solo la visiera di cristallo[5]

che ti livella[6] l’orbite[7]

quando giaci riversa[8].

 

Il vento demoniaco[9] fa gelare[10]

le lacrime

ancor prima che sbocchino[11].

 

Una rigida spada

di ghiaccio[12], dentro. E intorno il sasso[13] preme[14]

nella lotta silente[15]

finché tutta la vita[16] sia spaccata[17].

(Non esiste lo spazio

per dilatarla[18], il disgelo, il torrente[19].)

 


[1] OMBRA: nel linguaggio della Commedia di Dante Alighieri, a cui tutta la poesia fa riferimento, il termine ombra indica l’anima di coloro che sono defunti e che popolano i tre regni dell’aldilà (Inferno, Purgatorio e Paradiso). Qui sta a significare lo stato di angosciosa prostrazione dell’autrice e di coloro che con lei soffrono di disturbi psichici in clinica, dove, come in un infernale luogo di pena, subiscono iniezioni di calmanti ed elettrochoc che li rendono inerti quasi come cadaveri (vedi, nella stessa raccolta, le poesie Accettazione, Iniezione serale e Incoronazione).

[2] COCÍTO: nella Commedia dantesca è il lago ghiacciato del fondo dell’Inferno dove i peggiori peccatori (i traditori) sono immersi e imprigionati. In questa poesia il ghiaccio simboleggia lo stato di immobilità e instupidimento in cui riducono i sintomi depressivi e i sedativi. La corsia dei malati, ‘traditori’ della propria famiglia e della società per la malattia mentale che li isola da tutti, viene così assimilata al più basso e squallido dei gironi infernali.

[3] Non solo: non solamente (solo è avverbio). Ripetuto in anafora al v. 4.

[4] quando… testa: quando inclini (chini) il capo in avanti. In questa posizione stanno nell’Inferno di Dante i traditori dei propri parenti: canto XXXII 37: «ognuna [delle ombre] in giù tenea volta la faccia…»; essi piangono e le lacrime si ghiacciano incollandosi come ghiaccioli ai loro occhi. Il capo piegato, verosimilmente da seduti, rappresenta qui la prima delle due sole dolenti posizioni che assumono i malati resi semi-immobili dalle cure.

[5] Nel Cocíto dantesco le anime di coloro che in vita hanno tradito ospiti e amici stanno con la testa piegata all’indietro e le loro lacrime, non appena affiorano, si trasformano in uno strato di ghiaccio e poi in solido cristallo, come anticamente si credeva che avvenisse in condizioni di freddo particolarmente intenso. Così indurite le lacrime riempiono sotto le palpebre le cavità degli occhi e assumono l’aspetto della visiera di un elmo (Inf. XXXIII 97-99: «…le lagrime prime fanno groppo, / e sì come visiere di cristallo, / riempion sotto ’l ciglio tutto il coppo»).

[6] livella: pareggia, a causa dello strato di ghiaccio che si incrosta uniformemente.

[7] orbite: le parti concave del cranio che contengono gli occhi.

[8] giaci riversa: quando sei distesa sulla schiena, in posizione supina. Come spesso i malati sul letto.

[9] vento demoniaco: nell’immaginazione dantesca sono le sei mostruose ali di Lucifero che ghiacciano, col vento che producono, le acque del Cocíto (Inf. XXXIV 51-2). L’immagine serve qui ad indicare l’origine maligna di un avvilimento psichico che produce disperazione nel potere salvifico di Dio e nella sua bontà.

[10] fa gelare…: rispetto alla pena inflitta ai dannati dell’Inferno dantesco si presenta qui una pena supplementare: la sofferenza per la malattia rimane soffocata all’interno dell’animo e non si riesce a sfogarla col pianto.

[11] sbocchino: sgorghino, escano fuori.

[12] rigida spada / di ghiaccio: immagine della lancinante e persistente sofferenza interiore, la cui origine è descritta nella strofa precedente.

[13] il sasso: il ghiaccio duro come pietra che serra le anime nel Cocíto, e qui, per metafora, la paralizzante condizione di malati in clinica psichiatrica.

[14] preme: fa pressione, schiaccia da tutti i lati.

[15] lotta silente: lotta silenziosa, ovvero il quotidiano combattere per resistere agli assalti della malattia.

[16] tutta la vita: ogni funzione o capacità vitale, sia del corpo che della mente.

[17] spaccata: spezzata.

[18] dilatarla: farla espandere e respirare, sottraendosi alla morsa del ghiaccio. Il pronome (-la) è da riferire a vita.

[19] il disgelo, il torrente: lo sciogliersi dei ghiacci in viva acqua corrente. È immagine di una primavera impossibile, intesa come fine della pena nel ghiaccio invernale della malattia e rinascita di speranza.

Note di Giuseppe Marrani

In collaborazione col Dipartimento di Ateneo
per la Didattica e la Ricerca dell’Università per Stranieri di Siena
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