MARRADI – Elvio Bellini, marradese, 84 anni ha avuto un ruolo importantissimo nel miglioramento genetico di tanta frutta che arriva sulle nostre tavole. In particolare è il “padre” di numerose specie di pesche e nettarine oggi molto diffuse ma che qualche decennio fa proprio non esistevano. Le famose e cosiddette “pesche noci” sono in buona parte un merito del professore marradese. Che all’Università di Firenze ha insegnato a lungo Arboricoltura Generale e Coltivazioni Arboree. Inoltre è stato docente presso altre Università italiane e straniere e diretto Istituti, Dipartimenti di ricerca e Aziende sperimentali, oltre a coordinare progetti dell’Unione Europea. Importantissimo è stato poi il suo ruolo nella valorizzazione e nello studio della castanicoltura.
Quello di Bellini, comprensibilmente, è un curriculum molto ampio: è stato Segretario generale-Tesoriere della Società Orticola Italiana (SOI) e dal 2001 al 2004 e presidente generale, membro di Commissioni internazionali (UPOV, FAO, IPGRI , ISHS) e di società scientifiche italiane ed estere (SIGA, SOI, AISSA, ASHS, ISHS). Bellini è anche Accademico Emerito dell’Accademia dei Georgofili, e Ordinario dell’Accademia Nazionale dell’Olivo e dell’Olio, dell’Accademia degli Incamminati, nonché Accademico Corrispondente dell’Accademia Italiana di Scienze Forestali. Ha diretto riviste della Società di Ortoflorofrutticoltura Italiana (SOI) ed è membro di Comitati scientifici di Riviste italiane ed estere. È autore di oltre 700 lavori scientifici , tecnici e divulgativi.
Gli abbiamo rivolto alcune domande.
Che il marradese Bellini si occupasse del Castagno forse era “naturale”. Ma come è nata questa dedizione? Può dirci quali sono state le principali iniziative, attività, studi, in questo campo? Davo per scontato che i “Montanari” sapessero “quanto basta” sul Castagno, poi rientrato nel mio paese natale, mi sono accorto del contrario. Vedi, i castanicoltori, che sono montanari e hanno vissuto nel bosco, con il bosco, per il bosco, hanno imparato assai poco di “Frutticoltura specializzata del Castagno” … e nessuno ha mai tentato di “aggiornarli” e di “formarli come si deve”, ad esempio creando una “Scuola di Castanicoltura” vera e propria, dedicata a formare veri castanicoltori specializzati. Per questo è nato il CSDC, Centro Studi e Documentazione del Castagno. Che negli anni ha sviluppato un’intensa attività (VEDI SCHEDA)

Quali sono state le soddisfazioni maggiori su questo fronte? Sul fronte delle conoscenze castanicole le soddisfazioni maggiori sono state quelle di trasferire fuori l’Esposizione Permanente sul Castagno che è in essere al CSDC. L’abbiamo resa itinerante nella sua complessità ed è stata portata per due volte a Bruxelles in due diverse importanti occasioni, richiamando l’interesse dalle Direzioni Generali della Commissione Europea sul Castagno europeo in Europa, per l’Europa; una volta all’Agropolis-Museum di Monpellier per oltre 5 mesi, dove è stata meta continua di visite ad incontri; due volte alla prestigiosa Accademia dei Georgofili per lunghi periodi, dove tutte le sale ospitavano e parlavano di Castagno; più volte in numerose parti d’Italia in presenza di eventi specifici sul Castagno; in diversi consessi internazionali sul Castagno, in Cina, Turchia, Portogallo e altre Nazioni.
Quali sono oggi le maggiori emergenze, o comunque cosa ci sarebbe da fare per un’ulteriore valorizzazione? Come valuti l’azione degli enti locali, dei produttori, del Consorzio? Il Castagno in poco tempo è passato dall’“albero del Pane” che sfamava gran parte se non tutta la gente che popolava le nostre montagne (ed erano tante, ma tante) in autunno-inverno con i frutti freschi, poi con quelli essiccati e ancora con la farina di castagne, all’abbandono quasi totale. L’abbandono delle montagne dall’uomo, alla ricerca del benessere della città ha drasticamente interrotto questo idillio con il Castagno. Il recupero per me è impossibile ma “mai dire mai”.
Gli Enti? Mamma mia, non parliamone, almeno di quelli toscani. Fa molto di più l’Emilia-Romagna che ha accolto ben due Gruppi Operativi (GO) sul Castagno. La Toscana zero, e pensare che era la Regione che produceva da sola la metà del raccolto nazionale di castagne e marroni, ed è ancora la Regione che registra sulla carta la maggiore superficie forestale a Castagno sul piano nazionale.
Cosa fare? Occorre rinnovare la castanicoltura che è “vecchia” e “stanca”. Dovremmo andare a scuola di “Castanicoltura” nei Conventi Monastici del Medioevo, da dove è partita la massiccia diffusione del Castagno un po’ su tutto il territorio pedemontano nazionale, con i risultati ben noti!
E allora perché ogni tentativo di impiantare un nuovo castagneto va incontro a fallimento? Eppure non era così nel Medioevo e anche dopo (Matilde di Canossa inclusa).
In attesa di disporre di nuovi “Castanicoltori provetti”, scaturiti da una Scuola accreditata alla formazione di Maestranze e tecnici specializzati nella coltivazione del Castagno, è meglio procedere nella riconversione del ceduo castanile, attraverso l’innesto, semmai scegliendo ove possibile, aree poco declivi e fertili.
Lei non si è occupato solo di marroni. Può raccontare la storia delle sue ricerche e delle sue scoperte per quanto riguarda le pesche? Infatti per gran parte la mia attività di ricerca, sia al CNR che all’Università è stata rivolta alla Pomologia, al miglioramento genetico in frutticoltura, con la creazione di numerose varietà soprattutto di Pesche e Nettarine, ma anche di Susine, Pere e Albicocche. Per le Pesche e Nettarine ho realizzato circa 40 nuove varietà, alcune delle quali hanno riscosso molto interesse sia in Italia che all’estero. La pesca a polpa bianca, la “Maria Bianca” è stata in cima alle classifiche mondiali per la sua coltivazione.
Infine, qualche progetto o aspirazione nel cassetto? Dal cassetto ho appena tolto quello che io ho sempre chiamato “Volumone sul Castagno” (ma il titolo è un altro …). Proprio di recente l’ho consegnato all’Editore per la sua composizione definitiva e la sua successiva stampa.
Allora avremo modo di riparlarne…Certamente, molto volentieri!
Foto di Marta Magherini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 19 ottobre 2018
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