MUGELLO – Nelle puntate precedenti abbiamo parlato di funghi sotto molti punti di vista: commestibilità, velenosità, aspetto e dimensioni, loro habitat, qualche criterio per riconoscerne la specie, ecc. Ma alla fin fine: che cosa è veramente un fungo? Sembra una domanda sciocca ma così non è in quanto dipende dal contesto in cui viene posta. Nel linguaggio comune, ad esempio rivolgendosi ad un cuoco, si otterrà una risposta che sarà quasi certamente diversa da quella ottenuta in ambito strettamente micologico.

Quindi, anche se per la maggior parte dei lettori non sarà né una novità né una sorpresa, occorre ribadire che ciò che chiamiamo popolarmente fungo è solo una minima parte di un organismo vivente assai complesso e che, a seconda della specie, può essere enormemente esteso oppure microscopico, e il cui sviluppo avviene quasi sempre di nascosto ai nostri occhi.

Tanto per rimanere nella più che banale consuetudine, prendiamo un fungo conosciuto da tutti: un porcino come l’estatino, Boletus reticulatus.

Esso non è “il” fungo inteso come entità autonoma e indipendente dal resto dell’ambiente; viceversa rappresenta, sotto la forma di una protuberanza carnosa emersa dal suolo, una esigua percentuale rispetto all’estensione (ma, solitamente, anche rispetto al peso complessivo) dell’intero organismo vivente di cui fa parte; organismo che non possiamo vedere in quanto nascosto e sviluppatosi sotto al suolo. Tuttavia quel porcino ha una funzione importante e vitale perché è produttore e portatore di spore.

Viene spesso proposto il seguente paragone: quel porcino sta a tutto l’organismo fungino come una mela sta alla complessiva pianta del Melo (tutto compreso; foglie, rami, fusto, radici, ecc.); e così come non possiamo pensare che una singola mela sia essa stessa la pianta del Melo, così non possiamo pretendere che quel porcino rappresenti tutto l’organismo fungino.

In Micologia, per evitare confusione, sono stati coniati alcuni termini per indicare quella protuberanza che spunta dal terreno e che così tanto ci incuriosisce e ci affascina (e, almeno nel caso del porcino, ci può ingolosire): carpoforo, sporoforo e altri neologismi ancor più puntuali che vedremo più avanti nelle prossime puntate.

Carpoforo: dal greco karpòs = frutto; e dal greco fòros (dal tema di fèro = portare); quindi: portatore di frutti. L’etimologia ci dice però che carpoforo è termine ingannevole poiché le spore non sono accostabili ai frutti nel senso usuale: sarebbe un po’ come paragonare una mela ad una spora.

Sporoforo: dal greco sporà = seme, origine; e, come sopra, dal greco fòros; quindi: portatore di semi, portatore di spore. D’altra parte anche la comparazione delle spore con i semi contenuti nel frutto di una pianta fanerogama non è del tutto corretta in quanto il seme risulta dalla trasformazione dell’ovolo già fecondato, mentre le spore in quanto tali non sono fecondate. Tuttavia possono considerarsi esse stesse come gli organi riproduttivi dell’intero organismo fungino. In questa ottica lo sporoforo potrebbe paragonarsi (anche se ciò può apparire strano e stridente) al fiore delle fanerogame: cioè alla struttura che reca gli organi riproduttivi.

Quindi, riassumendo: il cuoco risponderà che per lui il fungo (ad esempio quel porcino che ha in mano) non è altro che l’oggetto che con tanta cura e attenzione egli sta per cucinare; mentre il micologo può essere (e senza alcuna esitazione) d’accordo col cuoco ma, se vuole mettere i puntini sulle “i” parlando da biologo, dirà che il “vero fungo” è l’intero organismo vivente di cui il cuoco sta per cucinare lo sporoforo, cioè sta per metterne in padella una veramente piccola porzione.

Un accenno all’etimologia della parola italiana “fungo”. Sicuramente deriva dal latino fungus (al plurale fungi) = fungo; e fin qui niente di strano. Ma andando più a ritroso vi sono più ipotesi etimologiche tra cui le seguenti tre.

(1) Il termine latino fungus deriva a sua volta dal greco σφόγγος (sphóngos) o, sempre dal greco, σπόγγος (spóngos), in entrambi i casi col significato di spugna. In riferimento all’aspetto spugnoso di alcuni funghi (pensando anche all’imenoforo di molte Boletaceae, porcini compresi, che nel parlato popolare italiano ha mantenuto proprio l’appellativo di spugna).

(2) Oppure (in versione, per così dire, macabra) deriva dalla composizione/fusione di due lemmi latini: la parola fùnus = morte e il verbo àgo = io porto, io arreco, e quindi con l’accezione di “portatore di morte”, con ovvio riferimento alla pericolosità anche letale dovuta al consumo di alcune specie.

(3) Oppure deriva come “trascrizione” in latino tratta dal suono di alcune voci verbali di origine indo-araba aventi il significato di “gonfiare” o “crescere”; in riferimento alla rapidità con cui alcuni funghi si sviluppano.

Le spore. La riproduzione sessuata

Torniamo a quelle spore. Solitamente in ogni sporoforo se ne contano a milioni, tanto sono minuscole e visibili solo al microscopio. A seconda della specie, le loro dimensioni variano da pochi µm (1 µm = 1 micrometro = 1 millesimo di millimetro) fino a 150-200 µm. Molto a grandi linee: alcune di esse, disperse in ambiente e finendo in un substrato adatto, sotto condizioni favorevoli sia per la presenza di particolari sostanze organiche che per temperature e umidità ideali, iniziano a germinare: ciascuna di esse produce un’altra struttura microscopica, una particolare cellula detta ifa [dal greco antico υφή (huphé) = tessuto, tela o ragnatela], di forma variabile da specie a specie (solitamente allungata e cilindriforme) e inizialmente mononucleata (potrà diventare binucleata in certe fasi del suo sviluppo). Il nucleo, contenente il materiale genetico, è inoltre ben definito e delimitato/separato dal resto (citoplasma) della cellula stessa grazie a una doppia membrana separatoria (si parla quindi di cellula eucariotica, come vedremo nella prossima puntata).

Ogni cellula/ifa si riprodurrà tramite particolari divisioni cellulari formando così un sottile filamento composto da un sempre più alto numero di ife; quelle dei funghi più evoluti (praticamente tutti i macrofunghi) sono munite di pori alle loro estremità: ciò consente il passaggio di materiale citoplasmatico (ma talvolta anche il passaggio del nucleo) da una ifa all’altra, costituendo quindi una sorta di intimo collegamento tra le varie ife che così possono “scambiarsi” anche vari “messaggi di origine chimica”. L’insieme di tali filamenti nel suo successivo sviluppo si accrescerà, ramificandosi e diffondendosi sempre di più nel substrato che aveva raccolto le prime spore. Si viene così a formare un esteso intreccio di fibre, detto micelio. E già introducendo questo concetto ci si avvicina di più a quello che in Micologia viene considerato come “organismo fungo”.

Andiamo un poco oltre, sempre mantenendoci sulle generali: le spore sono classificabili in spore sessuate o gamiche, per lo più tipiche dei macrofunghi (con le dovute eccezioni) e spore asessuate o agamiche, per lo più tipiche dei microfunghi (di nuovo, con le dovute eccezioni).

Le spore gamiche danno origine alla cosiddetta riproduzione sessuata; detto in modo semplificato, una spora gamica può essere di “polarità sessuale positiva” oppure di “polarità sessuale negativa”. Quindi una di queste spore genererà ife mononucleate che, nel loro ulteriore proliferare, andranno a costituire un micelio della stessa polarità, positiva o negativa a seconda della polarità della spora generatrice. Tale micelio è detto micelio primario che, anche se in grado di accrescersi e propagarsi ulteriormente, è tuttavia sterile in quanto non può produrre nuove spore; inoltre il micelio primario non ha la capacità di sopravvivere molto a lungo e se non “incontra” un micelio primario di polarità opposta in tempi relativamente brevi è destinato a morire. Quando le ife appartenenti a miceli primari di polarità opposta si incontrano (fase di plasmogamia), danno origine a un nuovo micelio, detto micelio secondario che stavolta sarà dotato di cellule binucleate che quindi conservano, separatamente, la doppia informazione genetica proveniente dai due miceli primari precedentemente “entrati in collisione” (fase di dikarion). Il micelio secondario così creatosi è “perennante”, cioè può vivere anche molto a lungo e per molti anni. A un certo momento, se le condizioni ambientali/climatiche sono favorevoli, i due nuclei presenti nelle varie cellule si fondono assieme (fase di cariogamia) e da tale fusione scaturiranno (più o meno velocemente) nuove ife che inizieranno ad aggregarsi e a compattarsi le une alle altre fino ad assumere morfologie particolari, decisamente diverse dalla struttura filamentosa miceliare iniziale, andando sempre più diversificandosi e specializzandosi: alcuni agglomerati di ife si perfezioneranno e acquisiranno caratteristiche tali da formare una nuova struttura “architettonica” più o meno carnosa/consistente che emergerà dal substrato (ad esempio un porcino) o rimarrà nascosta nel sottosuolo (ad esempio i tartufi), mentre invece altre ife si trasformeranno in particolari e importantissime cellule deputate alla produzione di nuove spore. Si viene così a creare un altro sporoforo, chiudendo il ciclo riproduttivo.

Quindi l’organismo fungino nella sua interezza, “il fungo” come lo chiamerebbe il micologo pignolo, è questo insieme di strutture: fondamentalmente si tratta del micelio (primario e, soprattutto, secondario) che può essere corredato, se le condizioni ambientali lo consentono, dai vari sporofori emersi “come per incanto” dal substrato e con le spore da essi prodotte. Fermo restando che, in periodi sfavorevoli che possono protrarsi anche per anni, gli sporofori non verranno generati mentre il “fungo vero”, cioè il micelio, continuerà a esistere, vivendo (come micelio secondario) in uno stato momentaneo di quiescenza.

D’altra parte è talmente comune e quotidiano l’uso del termine fungo per indicare lo sporoforo che, molto spesso e quando ciò non produce equivoci, il termine fungo finisce per sostituire il più corretto termine sporoforo (in pratica quello che spesso è avvenuto e che avverrà, tranne le dovute eccezioni, negli appunti di questa rubrica).

La riproduzione sessuata (o gamica) è fondamentale per l’evoluzione dei funghi (così come per gli altri organismi relativi agli Eucarioti) in quanto garantisce l’opportuno mescolamento del patrimonio genetico ricevuto dai “due progenitori”, con una conseguente maggior capacità di adattarsi all’ambiente nonché con l’eventuale possibilità, tramite successive variazioni prodottesi nel tempo, di creare nuove specie.

La riproduzione asessuata

Veniamo ora alle spore asessuate (o agamiche). In loro presenza si ha la cosiddetta riproduzione asessuata (o agamica), per lo più caratteristica dei funghi più semplici, quelli monocellulari e i microfunghi, e spesso anche i più primitivi. A grandi linee: la spora asessuata (quindi senza alcun tipo di polarità sessuale) in fase di germinazione produce direttamente cellule/ife che costituiscono fin da subito ciò che nella riproduzione sessuata era rappresentato dal micelio secondario; quindi dà origine a un micelio già fertile e perciò in grado di produrre sporofori recanti altre spore asessuate, così da ricominciare il ciclo. Si tratta, evidentemente, di funghi che hanno una riproduzione molto veloce. Uno dei meccanismi alla base di questa strategia è la semplice scissione cellulare che consiste nella divisione della “cellula madre” in due “cellule figlie” identiche alla madre e recanti lo stesso patrimonio genetico (processo di mitosi). In questi casi, solitamente, non vi saranno possibili varianti evolutive né qualche tipo di vantaggio dovuto all’interscambio genetico, vista la “monotona” stabilità del patrimonio genetico tramandato sempre uguale a se stesso ma, di contro, sarà presente una velocissima proliferazione del fungo. Aspetto quest’ultimo che, relativamente a una ben nutrita schiera di microfunghi, non è da sottovalutare per le implicazioni medico-sanitarie o alimentari che ne possono conseguire, come vedremo più avanti. Per un esempio sulla velocità di propagazione dovuta alla riproduzione asessuata basti considerare con quale speditezza alcune delle cosiddette “muffe” si propagano su di un frutto malamente conservato.

Variazioni sul tema. Gli “anamorfi” e la loro importanza

Tanto per rendere una idea di come le cose non siano poi così semplici e lineari come si potrebbe credere, occorre fare alcune precisazioni approfittando di un paio di esempi.

Il comune Champignon che troviamo già pronto nelle vaschette dei supermercati (il prataiolo coltivato, l’Agaricus bisporus) può produrre spore asessuate pur essendo evidentemente un macrofungo. Si tratta di una specie reperibile in natura allo stato per così dire “selvatico”, ma questa peculiarità del produrre spore asessuate ne permette anche una facile coltivazione: infatti le sue spore sono capaci di generare fin da subito un micelio già fertile; in tal modo si accelera e si semplifica il ciclo riproduttivo; unica condizione è che l’ambiente in cui si depositano le spore sia conforme all’esigenza germinativa delle spore stesse; da qui, nel caso di coltivazione ai fini commerciali, la sistemazione in particolari “grotte di coltivazione” con controlli accurati dell’umidità, della temperatura e della composizione chimica dell’atmosfera presente in grotta, con opportuno e ben calibrato approvvigionamento di materiale organico che farà da supporto/substrato alla coltivazione.

Mentre, ad esempio, i vari tentativi sperimentati per coltivare una qualunque specie di porcino hanno sempre dato risultati effimeri e illusori: evidentemente l’esigenza di dover passare attraverso la formazione obbligata delle due tipologie di micelio (primario + secondario) ne ostacola irrimediabilmente l’eventuale coltivazione.

Vi sono poi specie fungine, solitamente assai primitive, che nel loro ciclo vitale presentano, in successione, entrambe le tipologie riproduttive: sia quella agamica che quella gamica. Un esempio tipico, in questo caso relativo ai macrofunghi, è dato dalla Xylaria hypoxylon, una piccola specie dalla inconfondibile forma (simile a un corallo più o meno ramificato, o a delle minuscole corna di cervo) e dai colori bianco (in alto e al centro) e nero (nella zona basale); funghetto che è facile reperire nelle stagioni umide su legno più o meno guasto di latifoglie.

La zona apicale delle ramificazioni è bianca e appare come polverosa ma, se osservata al microscopio, risulta essere formata da un insieme di spore asessuate (in questo caso dette conidi) che, disperse in ambiente, germineranno e daranno luogo alla riproduzione asessuata, formando cioè un micelio già fertile e che produrrà un “nuovo” fungo. Quel grassetto virgolettato non è però casuale perché lo sporoforo che si viene a creare è del tutto diverso da quello di partenza; ciò che ora emerge dal terreno (ma talvolta cresce direttamente addosso al progenitore) è un piccolo grumo di materiale nerastro di forma più o meno claviforme e che solitamente non si riesce neanche e vedere tanto risulta “insignificante” e mimetizzato nel sottobosco. Tuttavia questa nuova struttura produce spore gamiche (quindi con polarità sessuale positiva o negativa) che, disperse in ambiente, daranno luogo al tipo di riproduzione sessuata: cioè ogni spora darà origine a un micelio primario, poi dall’incontro di due miceli primari di polarità opposta si genererà il micelio secondario, fertile, che infine produrrà per via sessuata una nuova Xylaria hypoxylon simile stavolta (!) a quella da cui siamo inizialmente partiti e che, a sua volta, produrrà i conidi, ripetendo così il ciclo in questa (apparentemente) singolare alternanza.

In Micologia, per distinguere le due forme (verrebbe voglia di dire… le due “personalità”) presentate da queste particolari (ma assolutamente non rare) specie, vengono introdotti alcuni nomi come “Forma imperfetta” o “Anamorfo” o “Forma conidiofora” in riferimento allo sporoforo che produce le spore asessuate (conidi); e “Forma perfetta” o “Teleomorfo” o “Forma ascogena” in riferimento allo sporoforo che produce le spore sessuate.

Quanto descritto per Xylaria hypoxylon sembra solo una curiosità biologica o una eccezione, ma così non è. La “doppia personalità” (fase riproduttiva asessuata messa in atto dagli anamorfi + fase riproduttiva sessuata messa in atto dai teleomorfi) si ritrova in una gran numero di specie di microfunghi. Inoltre di molti altri microfunghi (detti anche funghi mitosporici) si conosce a tutt’oggi solo l’anamorfo mentre non è stato ancora individuato/scoperto il teleomorfo.

Gli anamorfi sono particolarmente importanti per il mantenimento dell’equilibrio naturale di molti habitat e, parimenti, hanno non poche ripercussioni anche sulla nostra esistenza. Per esempio sono gli anamorfi di molte specie microscopiche quelli che per primi, assieme a vari batteri o ad altri microorganismi, “aggrediscono” i detriti vegetali caduti al suolo in seguito all’avvicendarsi dei periodi stagionali. Semplificando il processo si può dire che il micelio degli anamorfi, venuto a contatto con i detriti vegetali, ne assimila le sostanze nutritive per assorbimento diretto attraverso le proprie pareti cellulari. In questa operazione i detriti iniziano a disgregarsi mentre il micelio ne rimineralizza la sostanza organica restituendo così all’ambiente i sali minerali che saranno di nuovo utilizzati dalle piante verdi, chiudendo così il ciclo biologico. Senza queste prime operazioni disgregatrici, seguite poi da un intervento simile ma realizzato da svariate specie di macrofunghi e da altri organismi, ci ritroveremo boschi e prati completamente ricoperti (e quindi “soffocati”) da strati enormi di foglie e di altri residui vegetali.

Stesse considerazioni possono essere fatte per molti habitat di acqua dolce: è anche grazie a varie specie fungine microscopiche, nello stadio anamorfico, che gran parte del materiale vegetale o animale che si deposita sul fondo viene inizialmente disgregato in modo da poter essere successivamente messo a disposizione dei vari organismi acquatici.

Spesso si tratta di anamorfi quando si parla dei microfunghi che hanno interessato l’ambito medico o quello alimentare: basti pensare alla penicillina (vari antibiotici isolati dai prodotti del metabolismo di alcune specie di funghi del genere Penicillium), ai lieviti (molti e particolari funghi unicellulari utilizzati, ad esempio, nella produzione del pane, della birra, del vino, ecc.), alle cyclosporine (farmaci utilizzati, ad esempio, per prevenire il rigetto di trapianto di organi; estratte dal fungo Tolypocladium inflatum), ad alcune delle cosiddette muffe indispensabili per realizzare particolari tipi di formaggi (per esempio il fungo Penicillium roqueforti impiegato per produrre il Gorgonzola, lo Stilton o il Roquefort). Così come, viceversa, anamorfi di alcuni microfunghi sono dannosi sia per gli animali, uomo compreso (provocando allergie, micosi o infezioni più o meno gravi) sia per il regno vegetale, potendo inoltre danneggiare e deteriorare materiali di vario tipo come le derrate alimentari se non ben conservate.

Nella prossima puntata vedremo come si può caratterizzare il “Regno dei funghi” in relazione agli altri “Regni” degli organismi viventi. E si inizierà a parlare del modo con cui i funghi si nutrono.

Bibliografia dei testi consultati

(1) A.M.I.N.T., a cura di_ Tutto Funghi – Cercarli, riconoscerli, raccoglierli_ Giunti Editore, Firenze, 2015
(2) AUTORI VARI_ Parliamo di funghi (vol. 1) ecologia, morfologia, sistematica_ Giunta della Provincia Autonoma di Trento_ 2007
(3) PAPETTI, Carlo, CONSIGLIO, Giovanni, SIMONINI, Giampaolo_ Atlante fotografico dei Funghi d’Italia (Volume 1) _ Associazione Micologica Bresadola, Trento, 2008

(4) SHELDRAKE, Merlin_ L’ordine nascosto. La vita segreta dei funghi_ Marsilio Editori, Venezia, 2020


Per recuperare le puntate precedenti

“Pillole di funghi”: la nuova rubrica curata da Alessandro Francolini

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Il Genere Amanita

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Qualche Amanita mugellana – prima parte 

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Qualche Amanita mugellana – seconda parte 

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Porcini mugellani 

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Le regole – e la poca logica di certe norme – nella raccolta dei funghi 

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Curiosità storiche sul nome “Boletus”: etimologia e vicissitudini – Prima parte 

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Curiosità storiche sul nome “Boletus”: etimologia e vicissitudini – Seconda parte 

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Funghi commestibili in Mugello – Prima parte

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Funghi commestibili in Mugello – Seconda parte

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Funghi commestibili in Mugello – Terza parte

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Funghi commestibili in Mugello – Quarta parte

PILLOLE DI FUNGHI IN MUGELLO – Funghi commestibili in Mugello – Quinta parte

Alessandro Francolini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 23 novembre 2025

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