SCARPERIA E SAN PIERO – Nel pomeriggio di sabato 3 ottobre scorso, nel Salone Mediceo del Circolo ‘Insieme’ di San Piero a Sieve, si è tenuto l’ultimo dei quattro incontri (vedi qui articoli precedenti – qui – qui – qui) della rassegna dal titolo ‘La Nuovissima Fortezza’, dedicata alla Fortezza Medicea di San Martino e promossa dall’Arch. Prof. Serena Acciai, con la collaborazione della Prof. Giuseppina Carla Romby e dell’antropologo Dario Nardini, con il patrocinio del Comune di Scarperia e San Piero.
Nello specifico, il tema della serata riguardava la Fortezza abitata, con particolare riferimento al ruolo sociale e culturale della monumentale rocca la quale, nata come fortilizio difensivo, ha assolto successivamente anche ad un’attività residenziale. Alcuni degli arsenali posti all’interno del forte, dopo il suo definitivo smantellamento, successivo all’invasione francese, divennero appunto case occupate da mezzadri e, nel corso del secondo conflitto mondiale, l’intero complesso fu un valido rifugio antiaereo per la popolazione.
Durante le passate gestioni private (ed in particolare si ricorda quella dell’ex Sindaco di Firenze Piero Bargellini), la sua porta principale è sempre rimasta aperta, e chiunque la poteva visitare. Una delle tradizioni che da allora si sono protratte fino quasi alla fine del secolo scorso, è stato il ritrovo ludico nello spazio all’aperto antistante le mura, che si teneva ogni Lunedì di Pasqua, a cura della Polisportiva e di altre associazioni, con il coinvolgimento della popolazione.
Nel corso della conferenza, introdotta dall’Arch. Serena Acciai, e sviluppata dall’Antropologo Dario Nardini, si è parlato degli usi ‘postumi’ della struttura, non necessariamente corrispondenti alle finalità difensive per le quali la stessa era stata originariamente concepita. Dal punto di vista dell’architettura, monumenti come la Fortezza sono da considerarsi veri e propri “esseri viventi” che continuano la loro “vita” oltre la funzione per la quale erano stati costruiti, e che nel tempo subiscono quegli adattamenti necessari per nuovi usi e funzioni.
Attraverso la lente dell’antropologia, è stato invece affrontato il senso del patrimonio culturale, e del ruolo differente che la Fortezza ha giocato nella memoria e nella quotidianità dei sanpierini nelle ultime due-tre generazioni (ovvero in un periodo in cui il monumento ha perduto la centralità che aveva nella vita sociale del paese). Una parte importante dell’incontro è stata dedicata alle tradizioni, a partire da quella che ha rappresentato, dal 1993 al 2007, la festa paesana per eccellenza, Il Palio della Fortezza, ovvero la Festa del Regolo, che ha lasciato poi il passo all’Ingorgo Sonoro, manifestazione nata su iniziativa della fascia più giovane della popolazione. Questo avvicendamento di due feste di ispirazione così diversa è stato letto anche come conseguenza di un cambiamento profondo nella vita sociale delle ultime generazioni, per le quali la Fortezza riveste ormai un ruolo più marginale, distaccato. Da tale considerazione si è preso spunto per rimarcare la necessità di mantenere alta l’attenzione nei confronti del monumento con dibattiti, ricerche ed eventi divulgativi, i quali saranno forse meno coinvolgenti da un punto di vista emotivo rispetto al compianto Palio, ma che contribuiscono comunque a rafforzare la consapevolezza del valore della costruzione che domina l’abitato di San Piero.
Una sala attenta ha ripercorso dunque i tempi passati con grande interesse, sottolineato dall’intervento appassionato della Prof. Costanza Pandolfini, già insegnante di Arte alle scuole medie di San Piero e che tanto si è spesa insieme ai suoi alunni a realizzare i Palii, ovvero i dipinti-premio per i vincitori, alcuni dei quali erano stati sistemati nel salone per l’occasione.
La Fortezza ancora oggi è privata, questo è un dato di fatto, e risalgono a diversi anni fa le visite guidate annuali organizzate dall’ente pubblico insieme alla proprietà. Questi incontri, però, ci hanno fatto riscoprire come essa sia ancora molto amata dal popolo, assetato di conoscere i segreti dei suoi innumerevoli anfratti e magari di tornare a visitarla… .
Tanti gli stimoli dunque: dalla necessità della valorizzazione di un’opera unica, al suo inserimento in un sistema di strutture medicee, magari collegabili attraverso percorsi, con conseguenti risvolti turistici. La Prof.ssa Romby ha concluso la serata con un messaggio incoraggiante, pensando – con l’apporto dell’Associazione ‘Stare’, della quale è Presidente – alla possibilità di una pubblicazione che comprenda i contenuti principali della rassegna. Un’idea senza dubbio positiva, che oltre a lasciare memoria dell’iniziativa, e rendere fruibili a tutti tante informazioni e immagini su un pezzo della nostra storia, potrà anche essere uno strumento di stimolo per gli enti preposti alle politiche di valorizzazione dei beni storici e culturali del paesaggio.
Elisabetta Boni
Elisabetta Boni
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 12 Ottobre 2020