VICCHIO – Prima che l’anno si concluda, sarebbe imperdonabile non ricordarsi di Giovanni Malesci, nel cinquantenario dalla scomparsa.
Malesci, nato il 13 settembre 1884 a Vespignano-Vicchio, è stato sicuramente uno dei più grandi pittori mugellani del Novecento. La circostanza poi di nascere proprio nella patria di Giotto faceva di lui un predestinato. In parte oggi dimenticato dalla critica, svolse invece un ruolo fondamentale al suo tempo, sia come artista sia nella diffusione dell’opera del suo maestro, Giovanni Fattori. Mugellani erano i genitori, il padre Luigi e la madre, Adele Mangani. Come in molte famiglie del tempo, in casa Malesci la miseria era la vera protagonista. Sudore e lavoro, ma pane pochino davvero. Il piccolo Giovanni, soprannominato per la stazza minuta Giovannino, cominciò a sgobbare da mattina a sera per sbarcare il lunario. Appena poteva, però, si dedicava al disegno con dei lavori delicati che furono notati dal pittore Raffaello Sorbi. La maledetta miseria impedì al ragazzo di frequentare la scuola d’arte, ma grazie a dei parenti ebbe la ventura di conoscere a Firenze Giovanni Fattori.
Al pittore fu mostrato un suo disegno di volto femminile (cfr.foto) e lui, ormai anziano e di consolidata fama, lo accolse nello studio senza niente pretendere com’era suo costume. Il rude Fattori s’affezionò subito a quel ragazzotto campagnolo, umile e di talento che gli ricordava i suoi trascorsi giovanili. Era il 1903 e Malesci aveva 19 anni; appena due anni dopo Fattori gli concesse il privilegio di ritrarlo (cfr. foto dell’opera oggi custodita nel Museo Civico Giovanni Fattori di Livorno). L’ultima moglie di Fattori, Fanny Marinelli, conquistata dalla sincerità d’animo del mugellano, gli chiese prima di morire di restare accanto all’anziano marito per assisterlo. Dopo poche settimane anche Fattori se ne andò, non prima di aver nominato Malesci suo erede universale. Badate bene, tutto ciò avvenne nel 1908, dopo soli 5 anni di frequentazione. Una grande soddisfazione per Malesci, ma anche una responsabilità che ne condizionò in parte la carriera artistica, impegnato com’era a valorizzare l’arte del Maestro. Troppo lungo sarebbe parlare del Malesci artista, dagli esordi presso la Società per le Belle Arti di Firenze ai dipinti in Maremma e Mugello (dove si sposò nel 1914 con Bianca Pasqualetti ed ebbe due figlie), dalla Biennale Romana del 1921 alla personale alla Galleria Niccolini di Firenze, dai dipinti e mostre a Roma, Genova, Milano ai viaggi nelle Fiandre e in Inghilterra.
L’ultima mostra fu a Milano per festeggiare i suoi ottant’anni. Voglio qui ricordare anche i suggestivi disegni di guerra, alla quale partecipò nell’VIII corpo d’Armata impegnato sul Piave, realizzati in condizioni precarie grazie all’appoggio del generale Caviglia. Meno noto ma egualmente da elogiare il Malesci impegnato nel salvataggio di opere nel periodo bellico e dopo il terremoto del 1919, quando la Soprintendenza di Firenze lo incaricò del recupero dei dipinti nelle devastate chiese mugellane, beni che accumulò e preservò nella Pieve di Vicchio. Rimasto vedovo, si risposò in tarda età a Milano con Anna Allegranza. Si ritirò infine in Liguria, ma morì nella “sua” Milano il 12 settembre 1969 dopo un viaggio a Livorno fatto per ricordare Fattori (e non poteva essere altrimenti).
Giovanni Malesci fu uno dei principali eredi della macchia, una pittura in cui il paesaggio, gli animali, le figure popolari sono al centro dell’interesse artistico. La pittura dal vero, l’osservazione della natura, la semplicità del quotidiano sono i temi d’ispirazione delle sue creazioni dalle pennellate corpose, piene di passione e mai banali nello svolgimento. Ricordiamoci dunque di questo nostro personaggio, umile, rude e sincero come il suo Mugello.
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 21 dicembre 2019