FIRENZUOLA – La pieve è stata costruita sull’antico tracciato che, probabilmente di origine etrusca, portava da Fiesole a Felsina (l’attuale Bologna). Secondo la tradizione fu fondata da San Zanobi tra il IV e il V secolo su un tempio romano. Si sono ritrovati dei reperti dell’epoca durante i lavori di rifacimento del pavimento eseguiti nel 1974.
Il complesso attuale si dice fosse costruito da Matilde di Canossa, che lo dedicò a Santa Maria; in realtà l’edificio risale alla seconda metà del XII secolo, contemporaneo alla chiesa di Sant’Agata con la quale ha numerosi particolari architettonici comuni. La dedicazione a San Giovanni decollato si ebbe a partire dal XIV secolo quando la zona cadde sotto l’influenza fiorentina.
Nel 1640, a causa delle cattive condizioni della chiesa dovute a infiltrazioni d’acqua, si cominciò a costruire una nuovo tempio in località Cà di Mercato, si iniziarono le fondamenta, ma presto ci si accorse che il terreno aveva i soliti problemi di infiltrazioni d’acqua e si abbandonò il progetto. Fu deciso allora di restaurare la vecchia pieve; a tal proposito fu eseguita, intorno al 1641, una perizia e una relazione fatta da Vincenzo Muratori detto il Maestrino, che ci ha lasciato anche una pianta della chiesa con una curiosa descrizione in rima delle condizioni e dei lavori da fare, che inizia così:
“Signori, mi convien dar questa pianta
Di questa chiesa detta Cornacchiaia
Mostrarla per l’appunto tutta quanta
Col campanile e colla colombaia
E dirvi come il tutto si dispianta
Per amor di decrepita vecchiaia
E se non si rimette avanti il verno
La vuole andar nell’acqua del Santerno”.
Bisogna attendere il 1778 perché il capitolo fiorentino decida di provvedere al restauro della pieve. Furono demoliti l’abside e il presbiterio, fu smontato l’architrave posto sulle colonne e fu eseguita tra queste una muratura ad archi in modo da dare stabilità all’edificio, furono sbassati i lati della tettoia tanto da dare a questa una fisionomia a gradiente, abbandonando quella originale a capanna.
Ai primi del Novecento vennero effettuati altri lavori di restauro che determinarono la configurazione attuale. Le opere più importanti furono la ricostruzione del presbiterio e la decorazione pittorica interna eseguita sulle pareti che erano stati fatti intonacare dallo stesso don Stefano Casini intorno al 1888. La facciata anteriore presenta un portico sorretto da quattro colonne e due muri laterali nel quale trovava posto il cimitero dei bambini e delle vedove. Il portale principale è formato da due stipiti decorati con motivo a intreccio, in quello di destra vi sono dodici piccole borchie scolpite che simboleggiano i dodici apostoli sui quali è fondata la chiesa. L’architrave è decorato con la stessa decorazione a intreccio con al centro una croce greca.
Il portale risale alla chiesa romanica. Le decorazioni simboleggiano secondo alcuni il fluire del tempo che porta a Cristo (rappresentato dalla croce al centro) secondo altri l’indissolubile intreccio tra le cose umane e le cose divine. . Nella lunetta si trova un Cristo Pantocratore ed è l’unica opera, tra quelle eseguite ai primi del Novecento, a portare la data e il nome dell’autore: Pittaco 1903. All’interno del portale due semicolonne con capitelli ormai quasi illeggibili. Nella parete nord vi è un altro portale sempre contemporaneo alla costruzione della chiesa, formato da un arco a tutto sesto poggiante su due massicci stipiti. Il timpano reca al centro una croce greca circondata da simboli dei quattro evangelisti e dei motivi a intreccio simili a quelli del portale principale. Il portale fu chiuso e murato in epoca granducale, perché, pare, che davanti si svolgessero delle risse, anche con feriti, tra gli abitanti della zona. Sulla parte destra è presente un triangolo con motivo a scacchiera, che faceva il paio con uno presente sulla parte sinistra e che fu demolito per aprire una finestra, è formato da bozzetti in alberese e serpentino. Il motivo, come tipologia, è simile a quello sulla pieve di Sant’Agata.
L’ipotesi è che avesse una funzione di protezione nei confronti degli influssi maligni; l’alternanza delle caselle della scacchiera rappresenterebbe la lotta tra il bene e il male, ed è posta sulla parete settentrionale, parte dalla quale si credeva provenissero le negatività. Altra ipotesi è che fosse una sorta di richiamo alla preziosità delle decorazioni marmoree delle architetture cittadine romaniche. Poteva anche essere una sorta di marchio delle maestranze costruttrici della chiesa, che con ogni probabilità costruirono anche la pieve di Sant’Agata. All’interno, nella controfacciata, due colonne sormontate da due interessanti capitelli. Quello di sinistra rappresenta due aquile con le ali spiegate che fiancheggiano una maschera con fattezze umane posta al centro. Sotto l’ala della parte destra si ritrova una decorazione a intreccio come quella del portale.
La maschera sovrasta un serpente aggrovigliato. Il capitello di destra, di più difficile lettura, rappresenterebbe la lotta fra due animali o tra un animale e un essere umano. La struttura interna è a tre navate delimitate da sei pilastri che anticamente sorreggevano un architrave che sosteneva il tetto (un modello simile a quello visibile attualmente a Sant’Agata). Gli arredi interni sono stati realizzati o acquistati in gran parte tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, ad opera di Don Stefano Casini che curò il restauro della chiesa. Dell’antico edificio romanico rimangono poche tracce. Le più interessanti sono il fonte battesimale: la tazza è originale del XII secolo, anche se la primitiva semplicità è stata alterata con il rifacimento postumo del motivo ad archetti e del labbro superiore. Notevole è anche un’acquasantiera, posta presso la porta della sacrestia, la cui base in pietra e la tazza sono del XII secolo, mentre la colonna centrale è opera del XVI secolo.
L’interno della chiesa, come si diceva, fu restaurato e modificato in parte da Don Stefano Casini all’inizio del Novecento. Il sacerdote provvide a costruire un presbiterio al posto dell’antica abside demolita per ragioni strutturali nel Settecento. Fece affrescare le cappelle laterali e la volta dell’altare maggiore dal pittore veneto Antonio Pittaco. Risistemò gli altari laterali ponendovi una statua della Madonna del Carmine, in quello di destra, e riutilizzando un crocifisso seicentesco già presente nella chiesa, per quello di sinistra. Fece eseguire l’altare maggiore da un Berti scultore fiorentino. Gli altari laterali furono acquistati dalla vedova di un marmista di Firenze per 700 Lire a fronte di un valore di 1500 Lire.
Durante il lavoro di restauro del 1974 sono venuti alla luce altri particolari della chiesa romanica tra cui una finestra a monofora sulla parete laterale della cappella di sinistra, alcune parti dell’antica abside e parte della muratura originale sulla parete destra interna. Il campanile, secondo quello che ci dice don Stefano Casini, fu costruito su un’antica torre longobarda; conserva ancora una campana d’epoca medievale. La pieve di Cornacchiaia, nonostante i secoli l’abbiano privata di tante sue parti come l’abside, la cripta e tutte le decorazioni pittoriche che probabilmente aveva al suo interno e benché arrivata a noi con pochi di quegli arredi che doveva possedere, resta una testimonianza importante del romanico della campagna fiorentina e resta l’edificio più antico del comune di Firenzuola.
Sergio Moncelli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 1 agosto 2018
3 commenti
Io non ho una grande cultura di storia dell’ arte però a mio parere i motivi della decorazione del portale, a serpentini, sono di origine longobarda.
Io so che i Longobardi hanno frequentato poco l’attuale alto Mugello per la vicinanza con le terre dei Bizantini, ma in un luogo dove in epoche successive si è sempre costruito e ricostruito con materiali antecedenti non mi sorprende la presenza di un’ opera ivi trasportata da zone che i Longobardi hanno frequentato
con maggiore assiduità.
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