MUGELLO – In Mugello il cinghiale era stato sterminato nel XIX secolo: era evidente la sua assoluta incompatibilità con l’insediamento dell’uomo sulla fascia appenninica, data la concorrenza al pascolo coi maiali domestici e i continui rivolgimenti del suolo causati dal suo grufolare, con forti danni ai seminativi e alle colture in genere. Ma già in una pubblicazione del 1987 lo si dichiarava presente in tutta la Provincia di Firenze.
In realtà il cinghiale era scomparso da tutta Italia, ad eccezione della Maremma, dove era presente con una corporatura un po’ più piccola, particolarmente adatta a quell’ambiente con paludi e macchia molto folta. La sua progressiva estinzione iniziò già alla fine del ‘500; nell’ ’800 era già sparito da Trentino, Liguria ed Emilia-Romagna. La rarefazione maggiore si verificò al termine della seconda guerra mondiale, quando si estinsero le ultime popolazioni presenti sul versante adriatico.
Quel che ha fatto “resuscitare” questo suide furono le immissioni, eseguite ad opera di enti pubblici, soprattutto in zone demaniali. Trovatosi in condizioni tranquille ed essendo molto prolifico, il cinghiale non tardò a superare i confini del demanio e ad entrare nel territorio circostante, cominciando a fare qualche danno. Fu necessario autorizzarne l’abbattimento e questo tipo di caccia piacque subito, sia per l’importanza della preda, ben più grossa di un fagiano o di una lepre, sia perché essendo oggettivamente pericolosa, solleticava l’adrenalina e l’orgoglio. In seguito ad altre immissioni, sia autorizzate che clandestine, aumentò anche il numero dei cacciatori.
Certamente i cinghiali oggi presenti sul territorio sono ormai molto ibridati dal punto di vista genetico: sono frutto dell’incrocio tra animali della Maremma e del Centro Europa con razze di maiali domestici allevati allo stato brado o semibrado, come la mora romagnola o la cinta senese.
E tutto questo ha dato luogo ad una popolazione molto prolifica, rustica, che non teme l’uomo e tende ad assomigliare ai grossi animali centroeuropei (ricordo che ad un convegno un ricercatore pugliese definiva gli esemplari del Gargano “cinghiali da sella”, dopo alcune immissioni fatte con animali ungheresi). Così oggi il cinghiale lo troviamo dovunque. Diversi anni fa fu fatta una battuta addirittura a due passi da Firenze, nella zona di Via dei Massoni, ove questi animali infestavano i giardini. Furono abbattuti almeno una trentina di esemplari, mentre una grossa femmina di una settantina di chili fu catturata con una gabbia dentro l’ospedale di Careggi. Quanto ai danni, arrecati soprattutto alle colture agricole, basti pensare che nell’Aretino un ATC (Ambito Territoriale di Caccia, la struttura pubblica che mette insieme agricoltori e cacciatori) è fallito per la quantità eccessiva di rimborsi pagati per compensare i guasti causati dai cinghiali. All’inizio del 2000 si calcolava che in quella zona vi fossero circa 25 mila esemplari di cinghiali!
Personalmente ho incontrato più volte questo animale in marroneta a Castagno d’Andrea, sia a fine inverno (con la neve ancora presente sul terreno) che in estate, sempre in pieno giorno. In genere i branchi contano più di 10 esemplari e sono formati dalle femmine e dai cinghialotti che non superano l’anno di età. I maschi, detti “solenghi”, se ne stanno appartati fino all’epoca degli amori, soprattutto a novembre (ma anche a giugno), quando entrano in contatto con le femmine cacciando i giovani maschi dal branco. Quando nascono, i piccoli sono molto graziosi per una serie di strisce sul corpo (sono detti “in pigiama”), poi divengono di un colore uniforme rossastro (“rossi”) fino ad assumere, da adulti, un abito grigio-nerastro. Si nutrono di tutto: frutti, radici e rizomi, ghiande, castagne e faggiole, leguminose. Hanno bisogno però anche di una importante componente proteica, fornita da lombrichi, larve, anfibi, rettili (persino vipere) e carogne.
Il cinghiale è preda elettiva del lupo, tanto è vero che gli escrementi del canide contengono quasi sempre le sue grosse setole. Ma a questo proposito mi piace ricordare ciò che ho visto in un video, realizzato con una trappola fotografica vicino a Moscheta, da una ricercatrice dell’Università di Bologna. Il filmato iniziava mostrando due lupi che stavano per iniziare a mangiare un daino da loro ucciso ma che poi, dopo aver più volte fiutato l’aria, lo abbandonavano allontanandosi rapidamente. Dopo qualche istante comparivano sei cinghiali, che cominciano a divorare il daino in tutta tranquillità. Quella che di solito è considerata una preda si era trasformata nell’animale dominante in grado di scacciare il predatore dal suo bottino. Potenza del numero e della forza!
Ma il cinghiale non è solo un ladro di prede cacciate da altri, è anche in grado di cacciare direttamente. Una delle sue cacce preferite è quella ai piccoli caprioli, sia quando sono nella fase di immobilità dopo la nascita, sia quando, più cresciuti, cominciano a seguire la madre. Ciò mi è stato confermato da un bravo cacciatore locale, che mi ha detto di aver osservato un cinghiale mentre si stava mangiando un capriolino scovato. Perché l’olfatto dei cinghiali è efficientissimo e se mamma capriolo non è molto attenta a togliere odore al suo piccolo difficilmente potrà sottrarlo ai denti irti di punte di questo temibile onnivoro.
In sostanza il cinghiale si dimostra un animale davvero peculiare, che sa sfruttare tutte le risorse (sia vegetali che animali) presenti nel suo ambiente. Sa inoltre trarre profitto da ogni situazione, imponendosi con la sua mole (i maschi raggiungono spesso il quintale) ma anche con la forza del suo carattere deciso.
Paolo Bassani
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 13 giugno 2021
2 commenti
Buona sera
Nel leggere il suo articolo mi preme porre alcune osservazioni .
Mi sembra non veritiero asserire che il cinghiale odierno sia derivato dal cinghiale maremmano incrociato con more o cinte allevate al pascolo ; anche perche, essendo animali allevati, anche nel caso di incrocio, che peggiora le performance degli animali sotto ogni aspetto, sarebbero stati destinati ad un consumo e non ad un ripopolamento.
Piuttosto é congruo dire che nel corso degli anni siano stati inseriti cinghiali dall’est europeo di taglia più robuata e migliore prolificità .
Inoltre l’abbandono delle zone collinari, marginali, ha lasciato territori sempre maggiori a loro disposizione .
Rimango a disposizione per qualsiasi confronto
C’è un fatto da considerare,i soggetti ibridi sono sterili, perché in caso contrario oggi non conosceremmo specie distinte ma il frutto di una fusione genetica, questo vale anche per i fac simile lupi,la scrittura esiste da millenni e nessun autore ha descritto questi fatti,questa ignoranza è dovuta alle esigenze politiche, chissà perché non si è ibridata la lepre con il coniglio? oppure il cagnolino con la volpe?e tutte le altre specie?io scrivo gratuitamente…