L’oratorio di Monte Domini a Dicomano
DICOMANO – Le colline a nord di Londa costituiscono l’appendice più orientale del territorio comunale di Dicomano, una zona disegnata in parte dallo scorrere del Moscia che per lunghi tratti determina la linea di confine fra i due comuni. Recenti analisi di superficie, compiute sulle sponde opposte del torrente, hanno dimostrato inoltre una diversa composizione geologica dei terreni, indicando così il limite geografico naturale che divide il territorio del Mugello da quello della Bassa Sieve. L’area collinare di Monte Domini è parte integrante di quest’angolo incontaminato di territorio e si mostra con esempi di rara bellezza naturale, custode di testimonianze rurali del passato, antiche dimore signorili, semplici luoghi di culto e di un importante strada che consentiva il collegamento tra la bassa val di Sieve e la montagna. Questa via bianca e tortuosa, arranca ancora incerta verso il Monte Campaccio e l’Appennino, accogliendo i diverticoli minori che vi salgono da Londa, Frascole, Carbonile. Da qui dovevano transitare i primi abitatori etruschi nel loro pellegrinaggio verso la montagna sacra del Falterona, poi i romani, eserciti e mercanti del Medioevo e in epoca più vicina alla nostra, le greggi dei pastori nel ripetersi ciclico della transumanza.
Con i suoi 716 metri di quota il colle di Monte Domini si eleva a fianco di questo antico percorso offrendo scorci mozzafiato sull’abitato di Londa e sulle colline ad est di Frascole. L’oratorio di Monte Domini si colloca all’apice del rilievo, un luogo di culto abbandonato e cadente in molte delle sue parti; oggi meta esclusiva degli amanti del trekking ma in passato riferimento locale di grande importanza sociale per il valore devozionale che gli era attribuito. Inizialmente intitolato alla SS. Annunziata e affidato alle cure di un romito, era già presente all’inizio del XVI secolo, anche se resta plausibile l’ipotesi di un piccolo romitorio precedente dedicato alla Madonna. Pur collocato sul territorio di Dicomano, il piccolo complesso figurava inserito nel piviere di Rincine, annesso al popolo di San Michele a Moscia, la chiesetta posta sul torrente all’ingresso di Londa, spazzata via dalla forza inaudita delle acque. Dal 1572 l’oratorio fu aggregato alla chiesa di Sant’Andrea a Vicorati e ancora affidato ad un romito per la custodia di un’immagine della Madonna ritenuta miracolosa. La figura del romito era ancora presente nei secoli successivi, con i religiosi nominati regolarmente dal vescovo di Fiesole, questo almeno fino al 1747. Con un decreto del Granduca Pietro Leopoldo del 3 dicembre 1776, l’oratorio era definitivamente soppresso.
All’inizio del XIX secolo la struttura appariva ormai cadente e inabitabile. Tuttavia, grazie all’aiuto di fedeli e benefattori, nel 1810 l’intero complesso era nuovamente ricostruito dando origine ad un momento di notevole importanza per la storia locale, divenendo meta di ricorrente pellegrinaggio e luogo di grande devozione mariana. Un fenomeno di “costume” tipico del periodo che si protrarrà almeno fino alla metà del Novecento, comune ad altri santuari attivi in Alto Mugello, Mugello e Val di Sieve assiduamente frequentati, cui si ricorreva per ottenere indulgenze dalla Vergine contro calamità naturali, epidemie, difficoltà personali e soprattutto clemenza nel protrarsi di eccessi meteorologici come siccità e alluvioni. Nel 1836 Giovan Battista Parretti vescovo di Fiesole, vi istituiva un’Opera Pia con il compito di mantenere la fabbrica e di provvedere ai festeggiamenti religiosi. I momenti conviviali a Monte Domini maturarono nel tempo una crescente attenzione da tutti i fedeli della valle, aumentando la notorietà del luogo, elevando il valore spirituale degli eventi più importanti che si concretizzavano in due momenti precisi dell’anno liturgico; in primavera per la festa dell’Ascensione e l’8 settembre, ricorrenza della Natività della Madonna.
In quei giorni tutta la gente di Londa si trasferiva all’oratorio per onorare l’immagine della Vergine da tempo ritenuta miracolosa, omaggiandola con oggetti ed ex voto donati per grazia ricevuta. Era un momento di grande raccoglimento e di notevole intensità spirituale cui partecipavano anche fedeli dalle lontane borgate di San Godenzo e Dicomano ma che perdeva molta della sua sacralità dopo la Messa cantata delle undici, quando sazi di un lauto pranzo sull’erba, ci si organizzava per un lungo pomeriggio di giochi e balli al suono di un organetto, travisando un po’ liberamente scopi e natura della visita. Questo fino all’ora del vespro e al canto delle laudi che poco avrebbero avuto del carisma e delle intonazioni dovute, spesso alterate dall’uso improprio di qualche fiasco di troppo. Anche se non si erano colte pienamente tutte le virtù sacre e spirituali del momento, era comunque forte e sentito il senso di comunità offerto da quell’emozione religiosa, esperienza che tutti desideravano rivivere al più presto. Questa condizione di elevata spiritualità e devozione mariana si sarebbe conservata fino agli anni settanta del Novecento con una sola breve interruzione dei festeggiamenti dovuta agli eventi della Seconda Guerra Mondiale, quando l’oratorio era divenuto rifugio per gli sfollati che vi giungevano da molte zone del Mugello.
Dopo un lungo periodo di inattività e di abbandono, tutto il complesso mostra ora drammatiche carenze di stabilità ed i segni irreversibili di un crollo imminente. Tuttavia, le parti in elevato ancora presenti, denunciano gli aspetti originali della struttura destinati all’accoglienza dei pellegrini, che probabilmente trovavano ricovero sotto i gli ampi loggiati ancora visibili sul fianco est e meridionale dell’edificio. Purtroppo l’imminente pericolo di crollo preclude l’ispezione degli altri ambienti della canonica, in parte disposta su due livelli, anche se l’ampiezza ancora intuibile dei vani, non può che giustificarsi nei precitati scopi di ospitalità.
La chiesa presenta invece uno stato di conservazione appena migliore, con la copertura a capanna restaurata qualche decennio fa. La facciata è volta a ponente, preceduta da un piccolo sagrato pavimentato a lastre di pietra e delimitato da un muretto di bozze irregolari. Il portale d’ingresso è coperto da una piccola tettoia con mensole di legno intagliate ed è sovrastato da un semplice oculo circolare.
L’interno, completamente intonacato, è a navata unica, suddiviso in tre settori di preghiera da due archi a tutto sesto decorati a settori bianchi e blu. Sulla parete destra, in prossimità del presbiterio, si apre una piccola porta per l’accesso laterale alla navata. L’altare ha mensa di pietra, sorretta da robuste mensole a voluta; si appoggia alla parete di fondo recante tracce di vecchie decorazioni. Sopra l’altare è una finta imposta, con stipiti ed arco dipinto a settori bicolore che simula gli archi della navata. Il fondo dell’imposta mostra un disegno con motivi stilizzati al centro del quale una cornice modanata racchiude un dipinto murale raffigurante la Madonna in trono col Bambino fra i santi Miniato e Donato.
Ancora sulla parete di fondo, a destra dell’altare, è il disegno di una finta porta di dimensioni simili a quelle del reale ingresso alla sacrestia che si apre invece sul lato sinistro dell’altare. Tracce di altre decorazioni geometriche restano visibili sulle pareti dell’aula, reminiscenze di un luogo di culto decoroso e curato anche nel proprio aspetto estetico, simbolo di rispetto ed omaggio al soprannaturale eretto su un’altura dedicata a Dio, il Monte Domini appunto.
Oggi tutto è finito. Le ruvide farnie che lo circondano avvolgono nel silenzio totale un complesso cadente, solo l’immagine della Madonna dipinta a fresco dietro l’altare sembra ricordare un lungo periodo di fede e la devozione di un popolo intero.
Massimo Certini
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 20 giugno 2021