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La chiesa di Carlo Scarpa ed Edoardo Detti a Firenzuola è un “bene culturale”

FIRENZUOLA- Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha decretato che la chiesa di San Giovanni Battista a Firenzuola è un bene culturale. Si compie, così, un passo importante per la tutela e la valorizzazione dell’architettura contemporanea in Toscana. La decisione ministeriale scaturisce dalla proposta avanzata dalla Soprintendenza di Firenze, diretta dal dottor Andrea Pessina, a seguito dell’istruttoria condotta dall’architetto Paola Ricco e dalla storica dell’arte Jennifer Celani.

La storia della chiesa è strettamente legata alle recenti vicende storiche che appare opportuno ripercorrere brevemente. Come noto, durante la seconda guerra mondiale, Firenzuola venne quasi interamente distrutta. Della cittadina, nata nel Trecento come città di fondazione per volontà dei Fiorentini, ben poco fu risparmiato dai bombardamenti e anche l’antica chiesa, la prepositura di San Giovanni, venne abbattuta. Dopo il conflitto, la Rocca di Firenzuola fu ricostruita dov’era e com’era e l’impianto urbano del borgo ripristinato nella sua caratteristica maglia ortogonale, contraddistinta dalla piazza centrale e dai portici.

La ricostruzione della chiesa di San Giovanni, invece, avvenne in forme contemporanee e la progettazione fu affidata ad Edoardo Detti e Carlo Scarpa, due protagonisti della storia dell’architettura del Novecento. Il lavoro svolto dai due architetti fu ingente e i fondi archivistici oggi custodiscono tre diverse versioni del progetto che hanno reso possibile la ricostruzione della storia dell’edificio, a dimostrazione del valore e dell’importanza di uno studio puntuale della documentazione conservata negli archivi. La terza proposta progettuale incontrò il favore della committenza e si procedette alla realizzazione dell’edificio che oggi conosciamo. Il prospetto principale è composto da un accostamento di tre elementi: il campanile, il porticato e il fronte principale arretrato, caratterizzato da un’ampia vetrata e da una contrapposta fenditura in vetro. Il prospetto laterale invece si presenta come un’unitaria e ritmica massa litica con inserti di calcestruzzo, e costituisce un fronte urbano per la piazza principale di Firenzuola.

All’interno, la chiesa è arricchita dalle ceramiche in grès di Salvatore Cipolla, eseguite appositamente per questo luogo negli anni Novanta e che sono state poste sotto tutela come beni pertinenziali, insieme al confessionale e agli arredi.

La Soprintendenza ha riconosciuto la chiesa come un bene culturale in quanto è una testimonianza importante della storia dell’architettura italiana del secondo Novecento. Scarpa e Detti, infatti, hanno così contribuito alla realizzazione di un edificio sacro che può essere messo in relazione a numerose altre chiese, che hanno veicolato il rinnovamento dell’architettura ecclesiastica avvenuto in Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale, in assonanza con quanto si è verificato contestualmente negli altri Paesi europei.

La chiesa, inoltre, documenta un momento significativo della storia urbana di Firenzuola, per il riferimento alla ricostruzione post-bellica. La presenza della chiesa, oggi, identifica il paesaggio di Firenzuola: il campanile, esile e slanciato, è un segno distintivo per tutti coloro che si avvicinano alla cittadina dalle tre direzioni principali: la bolognese, la fiorentina e l’imolese.

© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 20 novembre 2019

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2 Comments

  1. Beppe Giussanesi Novembre 22, 2019 at 11:28 am Reply

    A me, invece, pare proprio un obbrobrio; come quasi tutte le chiese costruite nel dopo-guerra nella nostra Toscana. Fa eccezione soltanto quella di San Giovanni, a Limite, nell’area di servizio di Firenze nord, sull’ Autostrada del sole; ma lì si parla dell’ arch. Michelucci.
    La maggior parte delle altre, compreso quella da poco inaugurata a Calenzano, sono impattanti nei confronti del contesto urbano in cui sono realizzate, sono “fredde” al loro interno e, più che al raccoglimento, invitano a ritornare quanto prima all’aria aperta.
    Questi architetti dovrebbero tenere maggiormente in considerazione il territorio in cui realizzano le loro opere, piuttosto che cedere all’ambizione di lasciare un segno del loro ingegno. Non lasciamo che siano soltanto gli “Outlet” ad integrarsi nel nostro paesaggio.
    Beppe Giussanesi.

  2. Daniele Baldoni Gennaio 10, 2020 at 10:00 pm Reply

    Quindi secondo te sarebbe stato meglio costruire una copia della chiesa originaria?
    Questa cosa è stata già fatta con la rocca che, pur non potendosi definire brutta, urla la sua non originarietà.
    Anche a me piacciono di più una pieve romanica o una cattedrale gotica.
    Ma la verità è che il tempo passa e si deve continuare a costruire, e naturalmente lo si fa con materiali e stili contemporanei.
    È come paragonare un acquedotto romano come le Pont du Gard al viadotto dell’ Aglio.
    Sono due cose totalmente diverse.

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