Chiesa di San Giusto a Fortuna
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San Giusto a Fortuna – Facciata
SCARPERIA E SAN PIERO – Non ci è dato conoscere con esattezza le origini della chiesa di San Giusto. Di certo sappiamo invece che già all’inizio del XII secolo (1101-1103) molti beni nel territorio di Fortuna erano entrati per donazione nel patrimonio fondiario dei Vescovi fiorentini. Nel 1225 il vescovo Giovanni incrementava ancora quelle proprietà acquistando altre terre nella stessa zona. La citazione più antica di San Giusto a Fortuna può riferirsi dunque alla seconda metà del XIII secolo, quando la chiesa compariva normalmente inserita nei decimari dell’epoca ed il patronato apparteneva al popolo.
I Medici furono a lungo proprietari di alcuni beni del territorio parrocchiale, senza mai assolvere però al ruolo patronale della chiesa. Del resto in antico, tutta l’area doveva mostrarsi con peculiarità ambientali uniche, dovute dalla notevole fertilità dei terreni e a una favorevole abitabilità che senza dubbio stimolava le attenzioni delle maggiori signorie del tempo. Lo spoglio dei censimenti catastali del primo Trecento, indica la zona di Fortuni o Ferruna, raccolta in un vero e proprio castellare, densamente abitato ed economicamente agiato, articolato su una quindicina di poderi, quasi tutti muniti di casa da lavoratore, con aia, pozzo e forno. In un podere confinante con la Sieve si registra la presenza di una casa da signore adiacente quella del lavoratore.
Da una visita pastorale del 6 ottobre 1370, compiuta da don Simone da Gaville, canonico vallombrosano, apprendiamo che al tempo la chiesa di San Giusto a Fortuna era governata da un monaco di quella stessa Congregazione, deputato dalla Badia di San Salvatore a Spina.
La presenza vallombrosana in San Giusto è riferita a quest’unico episodio, certamente sporadico e probabilmente determinato dall’imminente opera di riscatto compiuta dall’Episcopio cittadino. Poco dopo infatti, il patronato della chiesa sarebbe tornato ai Vescovi fiorentini e nel 1385 Mons. Angelo Acciaiuoli avrebbe unito per decreto la chiesa di San Giusto a quella di Santo Stefano in Coldaia. Un’importante opera di restauro della chiesa deve essersi compiuta nel Quattrocento, quando Bernardo Rossellino la impreziosiva con un pregevole bassorilievo in terracotta policroma raffigurante la Madonna col Bambino, ancora visibile sul finire del XIX secolo, prima che fosse definitivamente traslata nel Museo Nazionale del Bargello.
Dal 1491 il patronato era passato agli Ughi e nel corso del secolo successivo una nuova tela della Madonna col Bambino era stata commissionata per l’arredo di uno degli altari laterali. Nel 1625 San Giusto diveniva di libera collazione, con il beneficio concesso direttamente dal vescovo. Nella seconda metà del Settecento l’edificio mostrava nuovamente urgenti necessità di restauro. L’intervento compiuto nel 1775 ebbe natura radicale, secondo un criterio più simile ad una ricostruzione che ad un restauro; metodo che rispecchiava i canoni architettonici dell’epoca ma che avrebbe cancellato per sempre ogni aspetto della struttura originale. All’interno si realizzarono le arcate trionfali e fu costruito l’altare della Madonna nella cappella laterale sinistra. Esternamente le pareti furono quasi completamente intonacate cambiando completamente l’antica fisionomia dell’edificio, risparmiando solo la parte sommitale dell’abside, unico lembo ancora visibile oggi della struttura medievale. Dopo il terremoto del 1919 furono indispensabili nuovi interventi di restauro, succeduti poi tra il 1992-93 da altre opere conservative relative al rifacimento delle coperture e dei pavimenti.
La chiesa sorge in posizione pianeggiante a circa un chilometro di distanza dalla riva sinistra della Sieve. Vi si giunge deviando dal moderno braccio di strada (SP 129) che unisce la provinciale per Scarperia alla strada statale 65 degli Ischieti. Circondato da graziose abitazioni, basse e ordinate, il complesso parrocchiale di San Giusto conserva il fascino dei luoghi di culto più antichi, un tempo riferimento sociale e spirituale di una vasta comunità rurale.
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San Giusto a Fortuna – Complesso parrocchiale
La canonica, recentemente restaurata, si appoggia al fianco destro della chiesa, conserva al suo interno ambienti ed annessi adibiti in passato all’uso parrocchiale. Il campanile ha forma quadrangolare con copertura a quattro falde e cella munita di quattro campane.
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San Giusto a Fortuna – Facciata e campanile
La facciata della chiesa è a capanna, caratterizzata da un’ampia finestra rettangolare con inferriata che sovrasta il portale. Ai lati dell’ingresso restano due lapidi marmoree che tracciano l’opera di due rettori compiuta nell’Ottocento.
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San Giusto a Fortuna – Interno
L’interno è ad unica navata, divisa in tre campate con grandi arcate poggianti su paraste laterali. La copertura, sostenuta da semplici travicelli nelle prime due campate, diventa a botte nella volta del presbiterio. L’aula ha pavimento in cotto illuminato da eleganti lampadari di cristallo. Sulla parete di destra è l’altare dedicato a Sant’Antonio, con mensa di pietra e il quadro di San Giuseppe col Bambino raccolto in una cornice a motivi vegetali.
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San Giuseppe col Bambino
Sulla parete opposta si apre la cappella dedicata alla Beata Vergine, con l’altare settecentesco e una splendida immagine della Madonna col Bambino. Il dipinto meglio conosciuto come la Madonna dell’Aiuto, costituisce forse l’unica copia in Mugello della celebre Mariahilf dipinta da Lucas Cronack e conservata oggi nel duomo di Innsbruck (1).
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Madonna dell’Aiuto, sec. XVIII
I confessionali lignei hanno foggia settecentesca, sistemati sulle pareti opposte della navata in prossimità del presbiterio. Sempre nella navata, prima dei gradini del presbiterio, una sepoltura con lapide marmorea accoglie le spoglie dei rettori che ebbero in cura la chiesa.
Il presbiterio è delimitato da una balaustra di pietra apposta durante il restauro del 1919, sulle pareti laterali restano le imposte di due quadri un tempo rimossi e dei quali non si conosce oggi l’ubicazione. L’Altar Maggiore è in muratura con motivi geometrici dipinti in bianco e nero; conserva il proprio orientamento originale versus Deum precedente le riforme conciliari, esempio ormai difficilmente rintracciabile in molte chiese del Mugello. Sopra la mensa è un bel Crocifisso ligneo finemente intagliato. Dietro l’altare è il piccolo coro disegnato dal perimetro semicircolare dell’abside e illuminato da una finestra rettangolare.
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L’abside medievale – Particolare
1 – L’opera “madre” fu probabilmente realizzata a Dresda tra il 1520 e il 1536 da Lucas Cronach, ritenuto fra i maggiori interpreti della pittura tedesca dell’epoca. Inizialmente esposta a Dresda nella chiesa di Santa Croce, fu donata in seguito a Leopoldo V d’Asburgo che la portò ad Innsbruck dopo il matrimonio con Claudia de Medici. Il figlio Ferdinando donò il dipinto al duomo cittadino di San Giacomo dove ancor oggi si conserva. Nel 1683, l’esito vittorioso della Coalizione occidentale ottenuto nell’assedio turco di Vienna, fu attribuito a quell’immagine miracolosa della Madonna col Bambino, da allora denominata Maria Hilf o Madonna dell’Aiuto. Da quel momento l’immagine fu riprodotta in migliaia di copie, adottata come modello iconografico di protezione e aiuto da artisti di rango e pittori popolari, diffusa in maniera capillare nelle regioni d’oltralpe e nell’area settentrionale della penisola italiana, con poche copie giunte nella nostra zona. Nella copia di san Giusto a Fortuna si riconoscono nitidi i tratti iconografici tradizionali, con la Vergine seduta in abito rosso e mantello blu; ha fra le braccia il Bambino che a sua volta accarezza la guancia della Madre con la mano destra; un velo trasparente copre il capo di entrambi. L’espressione dei volti è dolcissima, carica di tenerezza, ed emana un palpabile e profondo senso di maternità e reciproca protezione.
Massimo Certini
©️ Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 1 agosto 2021