BORGO SAN LORENZO – Il dipinto murale, una tempera a secco, collocato nel catino absidale della pieve, rappresenta, al centro il Cristo Pantocratore (vale a dire onnipotente), seduto su un trono di nuvole e inserito entro una fulgida mandorla dorata, mentre la mano destra mostra le tre dita, simbolo della Trinità, e quella sinistra sorregge una piccola teca; il piede sinistro, invece, poggia su un globo dorato, simbolo dell’intero creato. Al suo fianco, su uno sfondo blu, campeggiano gli antichi protettori del comune di Borgo san Lorenzo, San Martino (a destra) e San Lorenzo (a sinistra), chiaramente riconoscibili dai loro attributi, rispettivamente la spada e il mantello e la graticola con le fiamme.
L’opera risale al 1906 ed è stata eseguita da Galileo Chini, appena giunto a Borgo San Lorenzo per fondare col cugino Chino le famose Fornaci San Lorenzo, una delle più importanti manifatture ceramiche (e non solo) italiane della prima metà del Novecento. Malgrado Galileo rappresenti uno dei più significativi protagonisti della stagione del Liberty, in questo lavoro, facendo tesoro anche della sua lunga esperienza giovanile di restauratore di affreschi medievali, egli si presenta ai borghigiani con un linguaggio chiaramente neomedievale, sia pure rivissuto e reinterpretato dalla sua raffinata sensibilità decorativa e illustrativa, dal sicuro e guizzante disegno, riuscendo mirabilmente a coniugare il severo gusto per l’antico (forse anche per sintonizzare il testo pittorico con l’austero spazio sacro) con la modernità più vivace.
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