“La Paolina. Un paese una storia”. San Piero a Sieve tra le due guerre
SCARPERIA E SAN PIERO – Sul piccolo schermo, da tempo non si fa che parlare del 70° anniversario della Televisione italiana. Silenzio assordante, invece, intorno all’80° anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, la cui data è incredibilmente vicina, il 25 Aprile di quest’anno.
Ancora, alla Tv, risuonano gli echi delle cariche sugli studenti di Pisa e Firenze, e in molti sembra prevalere il timore di offendere – attraverso una necessaria, netta condanna – l’encomiabile opera quotidiana delle forze dell’ordine, che non è assolutamente in discussione. In questo contesto, la rilettura di due scritti di Raffaello Degl’Innocenti “La Paolina. Un paese una storia. San Piero a Sieve tra le due guerre” (Giampiero Pagnini Editore, 1995), provoca un forte impatto. Raffaello era nato nel 1923, e in questo libro ci parla di alcuni fatti che hanno accompagnato l’ascesa del fascismo a San Piero a Sieve, e la lenta e sofferta transizione verso la Liberazione, avvenuta qui il 10 settembre 1944.
La sua è una testimonianza di storia locale preziosa, in particolare per le giovani generazioni, che non hanno più il privilegio di avere in famiglia qualcuno che quei momenti li ha vissuti. Il primo racconto è dedicato a Paolina Romagnoli, per tutti “la Paolina”, madre di Luigi Lorenzi, che nella notte tra il 29 e il 30 agosto del ‘22, a soli 19 anni, fu preso a botte dai fascisti davanti alla porta di casa, reo di non essere allineato al regime.
Paolina, accorsa a difenderlo con l’altro figlio, il diciassettenne Raffaello, fu catturata e messa in prigione insieme a loro. Luigi morì a 20 anni, dopo 11 mesi di carcere, in seguito alle ferite riportate. Non ebbe la consolazione di trascorrere gli ultimi giorni nel proprio letto, né seppe mai di essere stato assolto dalle accuse, come da sentenza emessa a 14 mesi dai fatti, che riguardò tutti e tre i congiunti. Da allora, anche in conseguenza di tanto dolore, la famiglia Lorenzi fu falcidiata. Solo la Paolina sopravvisse fino a tarda età e, per la sua forza e determinazione, è diventata il simbolo stesso della Resistenza sanpierina. E durante il suo mandato da Sindaco, Alessia Ballini ha voluto che le fosse intitolata una via.
Il secondo racconto narra invece di come era organizzata, nello stesso periodo, la vita quotidiana in quel grappolo di casupole denominato ‘Casbah’, fra miseria e solidarietà. Qui è cresciuto l’autore, che ci racconta i pensieri e le emozioni di un ragazzo con un carattere fiero, formatosi sui valori di una famiglia solida, sempre vicino ai più deboli e indifesi. Una volta rientrato dalla guerra, che si trovò a combattere a soli 20 anni in terra slava, non esitò a darsi alla macchia insieme agli amici, confluiti nella Formazione partigiana “Fanfulla”, che ebbe un proprio ruolo nella Liberazione locale, ed alla quale pure è intitolato un parco.
Il libro non è attualmente più in commercio, ma c’è la speranza che possa tornare ad esserlo, e in ogni caso è sempre disponibile nelle biblioteche: che tutti sappiano quanto male hanno provocato i manganelli, che ci si renda conto di quanto sia rischioso abbassare la guardia, scivolare alla deriva. Ma guai a perdere la speranza: qualcosa sembra muoversi in questo senso, un vento fresco si sta alzando dalla nebbia stagnante dell’abitudine, un’esigenza che nasce dal basso per ricordare la triste parabola del fascismo, la cui fine, proprio ottant’anni fa, avvenne grazie anche all’azione di una rete di persone umili, come la famiglia Lorenzi, come Raffaello Degl’Innocenti, unite dall’ideale di garantire ai posteri libertà e democrazia.
Elisabetta Boni
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 2 vMarzo 2024
Non si mescoli la resistenza con quello che è oggi la storia di San Piero e dell’Italia.
Oggi non c’è pericolo di nessuna deriva fascista, semmai c’è la possibilità di cancellare definitivamente lo strascico malato di quello che fu un nobile ideale.
Franco DORI. Figlio di Francesco e Gina cesari. Nipote di Mario Cesari (commissario politico della brigata “Fanfulka”)