MUGELLO – Nelle puntate precedenti di questo appassionante romanzo che è la storia della biologia del Novecento abbiamo parlato di tante cose: dalla classificazione in domini (Batteri, Archei, Eucarioti) ai meccanismi evolutivi (trasferimento genico verticale – di padre in figlio – e trasferimento genico orizzontale HGT, da batterio o archeo a batterio o archeo, da virus, archei e batteri ad eucarioti), dalla struttura del DNA alla decodificazione del genoma umano, dalla scoperta che oltre la metà del nostro DNA proviene da altri organismi al fatto che questo DNA, integratosi nel nostro, ha dato luogo a geni che ci permettono di essere mammiferi placentati, cioè che partoriscono una prole sviluppata adeguatamente.
Abbiamo visto come i concetti di specie ed individuo possono essere messi oggi in discussione e che l’evoluzione non si basa solo su meccanismi darwiniani (la varietà che si genera ad ogni generazione con le mutazioni nel DNA), ma anche su meccanismi di ereditarietà dei caratteri acquisiti (vedi il trasferimento genico orizzontale che fornisce nuovo DNA ereditabile, con geni a volte utili), cioè meccanismi lamarckiani (da Lamarck, il biologo che all’inizio dell’800 sosteneva che le giraffe avevano il collo così lungo a forza di allungarlo per arrivare alle foglie alte degli alberi). Mi rendo conto di aver fatto una cavalcata velocissima e superficiale tra argomenti difficilissimi, ostici anche per chi se ne occupa. Ma mi piaceva far vedere quanta verità ci sia in quel motto toscano che dice “il mondo è bello perché è vario”, e quindi implicitamente afferma che non ci sono situazioni univoche o concetti validi una volta per tutte, ma tutto può essere rimesso in discussione da nuove conoscenze. Ma tutto quanto detto sopra ha un presupposto: l’unicità del codice genetico.
Tutti gli organismi che noi conosciamo funzionano allo stesso modo: hanno le loro caratteristiche descritte nel loro DNA, che ha la stessa struttura e la stessa composizione chimica in tutti gli organismi. Se non fosse così, se ogni organismo avesse un proprio sistema di trasmissione ereditaria, non sarebbe possibile alcuna interazione tra gli appartenenti ai vari domini. Non ci sarebbero malattie virali o batteriche, perché il loro materiale sarebbe incompatibile col nostro.
Ma allora come è fatto questo codice genetico? Abbiamo paragonato il DNA ad una scala di corda, coi due montanti laterali tenuti insieme dai pioli. Per il codice, la parte importante sono i pioli: chimicamente, si parla di quattro basi, dette A,T,C,G, che si accoppiano in maniera obbligata, cioè AT,TA,GC,CG, Allora, se su un lato della scala c’è la sequenza ATCG, dall’altro ci sarà per forza T,A,G,C. Abbiamo detto che il genoma umano ha oltre tre miliardi di basi: sequenziare il DNA significa allora dire come si susseguono nella struttura queste quattro basi in tutti gli oltre tre miliardi di siti del DNA. Fatto questo, non sappiamo ancora come dal DNA si passi alle proteine, che sono gli agenti veri del nostro funzionamento, perché il DNA è il deposito, la biblioteca delle informazioni, ma non è operativo. Per poter utilizzare il DNA occorre quindi un altro composto, un altro acido nucleico, l’RNA. Per formarlo, il DNA si apre come una cerniera nel punto dove c’è un gene (tratto di DNA che contiene le istruzioni per formare una certa proteina) e comincia ad aggiungere alle basi così scoperte quelle complementari: a T aggiunge A, a C aggiunge G, a G aggiunge C, ma ad A aggiunge una base diversa, U, che è caratteristica dell’RNA. In questo modo dal DNA si origina una molecola di RNA che ha la stessa sequenza di basi (con A cambiato in U), cioè contiene l’informazione per formare la proteina. Questo RNA, chiamato RNA messaggero (mRNA), formato da un solo filamento (nel DNA sono due accoppiati), si stacca dal DNA e entra nel citoplasma, la massa della cellula fuori dal nucleo negli Eucarioti. Qui raggiunge una piccolissima struttura, detta ribosoma, che legherà tra loro gli aminoacidi a formare la proteina sulla base delle istruzioni portate dall’mRNA, al ritmo di duecento aminoacidi al minuto.
Gli aminoacidi sono dispersi nel citoplasma e al ribosoma vengono portati da un altro RNA, detto di trasporto (tRNA). Ma gli aminoacidi sono venti, in natura: come fa a sapere quello che va in quel punto il tRNA? C’è un tRNA per ogni aminoacido e ciò che decide quale aminoacido va in quel punto è una tripletta di basi sul mRNA: per dire, dove c’è la tripletta di basi GGU si aggancerà l’arginina, dove c’è AAA si aggancerà la lisina, e così via. Usando triplette di basi, si possono avere 64 combinazioni possibili, mentre gli aminoacidi sono solo 20; ma sono necessari anche segnali di inizio o fine, ad esempio, ed altre istruzioni ancora, per cui non c’è tutto questo spreco apparente. I ribosomi contenuti in una cellula eucariotica come le nostre sono milioni, mentre quelli contenuti in un batterio sono decine di migliaia, Ma il funzionamento è identico.
Ecco perché batteri e virus possono infettarci: perché funzionano esattamente come noi. I virus non hanno ribosomi, ma quando penetrano in una cellula la schiavizzano, obbligandola a produrre il loro DNA o RNA, a seconda del tipo di virus. Ecco perché è stato possibile costruire vaccini anti-Covid a mRNA: perché il meccanismo di produzione delle proteine antivirali era perfettamente conosciuto. Davvero il Novecento è stato un grande secolo per la biologia!
Paolo Bassani © Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 16 Ottobre 2021
1 commento
leggo con attenzione i suoi articoli anche se tutto non riesco a comprendere devo fargli i miei complimenti per tutti gli argomenti trattati . grazie .
Di gente come Lei ce ne vorrebbero di più . Congratulazioni Lorenzone Della .Gratella .