Dante e il Mugello, quello che nessuno racconta
MUGELLO – A quello che si vede sui giornali, siti on-line, iniziative culturali e altro, deve essere scoppiata dappertutto una nuova e, per fortuna, molto meno grave forma di epidemia, che si potrebbe definire l’epidemia dantesca, e questo accade anche in Mugello: le vie di Dante, il Dantedì, Sulle tracce di Dante, Dante e gli Ubaldini, Dante che fa trekking, Dante che si mangia i tortelli di patate, Dante visita il mercato, Dante fa merenda sotto Ponte a Vicchio e chi più ne ha più ne metta. Tutti nel VII centenario sono diventati improvvisamente esperti, amanti di Dante, lo mettono in mezzo dappertutto con quel suo cappuccio rosso in testa.
Bisogna però fare attenzione, a mio avviso, a non trasformare un’occasione culturale in una festa folkloristica; cerchiamo di celebrare soprattutto la Storia, dato che il passato e la tradizione sono la base culturale dei popoli, specialmente in una zona come il Mugello con una ricca e interessante avventura alle spalle da conservare e diffondere. Tutti sono dunque curiosi di scoprire i rapporti “segreti” del sommo poeta con il Mugello, un legame che però non esiste e non si troverà mai. Quello che nessuno racconta è infatti che Durante de Alagheriis (poi Alighieri, era il tempo dei nuovi cognomi) stava come un ragno a Firenze a decantar poesie, a partecipare alla vita politica, impegnato tra la moglie Gemma che non gli garbava per niente e la sua Beatrice che invece gli garbava un casino (ma lei non ne voleva sapere). Quando andò in esilio, il Mugello, esclusa l’estremità orientale, era troppo fiorentino per rischiare, e poi a Dante gli garbava poco la campagna, lui era così cittadino da frequentare da esiliato solo castelli e nobili in Casentino, Romagna e via dicendo.
Ma allora, direte voi? Ebbene, quello che nessuno racconta è che l’unico vero legame di Dante con il Mugello riguarda il suo rapporto d’amicizia con un mugellano doc, ovvero Giovanni di Buto, visconte di Ampinana. Conosciuto a Firenze tra i poeti del Dolce Stil novo, notaio, commerciante, giudice e scrittore, Dante ne apprezzava intelligenza e sapienza. E così si spiega la presenza del poeta tra i firmatari dell’Atto di San Godenzo redatto appunto dal notaio Giovanni; una firma quella di Dante apposta solo per l’insistenza dell’amico notaio e forse aggiunta in seguito al documento, cosa che poteva essere possibile solo al notaio che lo aveva redatto.
Infatti, a ben vedere Dante c’entrava ben poco con quella dichiarazione; non era tra quelli che volevano la guerra con la sua Firenze, e infatti non partecipò al cosiddetto “tentativo della Lastra” (non attraversò il Mugello nemmeno in quel frangente guerresco), e c’entrava poco pure con i risarcimenti ai ghibellini per danni di guerra, perché a lui avevano confiscato i beni e non aveva più un solo fiorino in tasca. Dante frequentò dunque Giovanni, ma in zone per lui sicure, nei dintorni di San Godenzo o dell’Acqua Cheta, e pure nel castello di Poppi quando il mugellano amministrava con sapienza proprio da lì il feudo dei conti Guidi.
Dopo l’uscita del mio libro “Il visconte di Ampinana”, il comune di Dicomano, grazie all’interessamento del sindaco Stefano Passiatore, commemorò il personaggio con una festa in suo onore e una targa posta in piazza Buonamici. Mi piacerebbe che anche il Comune di Vicchio, e lo invito caldamente in tal senso, intitolasse una piazza o una via a questo straordinario uomo figlio della sua terra e a torto dimenticato. Pensate alla beffa, persino nelle decorazioni della sala consiliare vicchiese con i nomi di personaggi locali troviamo per grossolano errore Messer Buto d’Ampinana, vale a dire non lui ma il semisconosciuto padre! Per concludere, non dimentichiamo mai che l’unico legame di Dante con la nostra terra fu soltanto lui, il mugellano Giovanni di Buto, l’incredibile “visconte di Ampinana”!
Fabrizio Scheggi
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 16 Maggio 2021