Galileo Chini (1873 – 1956)
Personalità poliedrica e precoce, si cimenta in maniera egregia in ogni aspetto dell’arte. Grandissimo decoratore, ceramista di fama (fonda la manifattura “L’Arte della Ceramica” e successivamente “Le Fornaci San Lorenzo”, introducendo l’Art Nouveau nella tradizione italiana), illustratore, scenografo (sue le scene della prima Turandot di Puccini), urbanista, pittore dalla forte personalità che spazia dal Simbolismo al Divisionismo, fino a una fase finale più cupa ed espressionista.
Artista di levatura europea, partecipa a tutte le principali esposizioni Internazionali (Londra, Bruxelles, Gand, San Pietroburgo tra le altre) e in Italia alle Biennali veneziane e alle Quadriennali romane. Decora importanti edifici pubblici e privati, e nel 1911 parte per il Siam, chiamato dal Re Rama V per decorare l’interno del nuovo palazzo del Trono di Bangkok, dove realizza la sua più straordinaria opera decorativa. Al ritorno in Italia continua un’attività creativa incessante. Crede fermamente nell’unione delle arti e dell’artigianato e nel loro ruolo fondamentale nella riqualificazione del territorio.
E’ membro della Commissione istituita per il ripristino degli edifici della Passeggiata di Viareggio e realizza l’intero apparato decorativo delle Terme Berzieri a Salsomaggiore. Insegna all’Accademia di Firenze, dove sono suoi allievi Ottone Rosai, Primo Conti e Marino Marini. Negli ultimi anni di vita si concentra su un’intima e lirica pittura da cavalletto, fino alle opere denuncia sulle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale e alle ultime cupe rappresentazioni della morte.
Galileo Chini nasce a Firenze il 2 Dicembre del 1873 da Elio Chini e Aristea Bastiani. Il 13 Dicembre del 1884 rimane orfano di padre. Le precarie condizioni economiche della famiglia lo inducono ad impiegarsi nella fabbrica di prodotti chimici “Pegna”. Dopo aver abbandonato questa attività e averne intraprese altre senza successo, viene accolto come apprendista nell’impresa di decorazioni e restauri dello zio paterno Dario. Dopo un anno e mezzo di frequenza alle Scuole Professionali d’Arte di Santa Croce di Firenze, è costretto ad abbandonare gli studi a causa degli impegni di lavoro. Nel 1887 si iscrive alle scuole serali di via Maggio e alle scuole domenicali Dazzi a Firenze. L’anno successivo conosce il pittore Giulio Bargellini che lavora con Augusto Burchi. Questi gli affiderà, poco dopo, l’incarico di eseguire alcune decorazioni nel Palazzo Budini – Gattai di Firenze. Nel 1893 aderisce al gruppo di Nino Costa fautore di un ritorno alla tradizione italiana nella pittura. Nel 1895 conosce a Volterra Elvira Pescetti che diverrà sua moglie. In questo periodo frequenta la Scuola Libera di Nudo all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Sempre in questa stessa epoca diviene socio del Circolo degli Artisti e amico di Telemaco Signorini, Plinio Nomellini, Lodovico Tommasi, Salvino Tofanari, Libero Andreotti, Enrico Sacchetti, Sem Benelli e Giovanni Papini. Nel 1896 inizia la sua collaborazione con la rivista “Fiammetta” per la quale ideerà alcune illustrazioni di gusto preraffaellita. In questo stesso anno fonda la manifattura Arte della Ceramica assieme a Vittorio Giunti, Giovanni Vannuzzi e Giovanni Montelatici, a Firenze in via Arnolfo. A questi soci dopo poco tempo si unisce anche il cugino Chino Chini. Nel 1898 i prodotti dell’Arte della Ceramica vengono presentati all’Esposizione Internazionale d’Arte di Torino dove ottengono la medaglia d’oro.
Il successo di questa giovane manifattura di cui Galileo Chini è il direttore artistico, si ripete anche nelle successive esposizioni tra cui quella di Parigi del 1900. Nel 1901 partecipa alla Biennale veneziana presentando il dipinto “La Quiete”. La manifattura intanto si trasferisce in una sede più ampia situata nella località Fontebuoni. In occasione della mostra nazionale di floricoltura del 1902 di Firenze, collabora alla costruzione del padiglione della ceramica con l’architetto Castellucci. Sempre nello stesso anno, partecipa con le ceramiche della manifattura all’Esposizione di Arti Decorative di Torino, ottenendo il diploma d’onore e due gran premi. Nel 1903 espone la tela “La Sfinge” alla Biennale veneziana. Sempre per questa manifestazione artistica collabora all’allestimento della Sala Toscana.
Nel 1904 Galileo abbandona la manifattura per divergenze con la direzione. In questo stesso anno esegue la decorazione del Palazzo della Cassa di Risparmio di Pistoia, dell’Hotel La Pace di Montecatini e affresca internamente una parte della villa Targioni a Calenzano. Alla Biennale veneziana del 1905 espone due dipinti: “Il Trionfo” e “La Campagna”. Partecipa all’allestimento, sempre in questa manifestazione, della Sala Toscana. Nel 1906 fonda a Borgo San Lorenzo, assieme al cugino Chino Chini, la manifattura Fornaci San Lorenzo, per la produzione di ceramiche e di vetrate. Nello stesso anno esegue le decorazioni della Cassa di Risparmio di Arezzo e all’Esposizione del Sempione a Milano esegue tre pannelli per la ricostruzione della sezione italiana distrutta da un incendio. Nel 1907 espone alla settima Biennale veneziana i dipinti “Icaro”, “Il Giogo” e “Il Battista”. Per questa Biennale, allestisce con lo scultore De Albertis, la Sala del Sogno. Nel 1908 Antonio Fradeletto lo incarica di decorare l’ambiente di ingresso della Biennale veneziana. Esegue in circa venti giorni gli affreschi negli otto spicchi della cupola di tale ambiente rappresentanti le vicende dell’arte. Nel 1909 esegue le scene e il manifesto per la Cena delle beffe di Sem Benelli, che viene presentata al Teatro Argentina di Roma. All’Esposizione internazionale di Bruxelles del 1910 decora il padiglione italiano. Nel 1911 esegue le illustrazioni per L’amore dei tre re di Sem Benelli. Sempre in questo anno ottiene assieme all’architetto Giusti l’incarico dalla Camera di Commercio di Firenze, di progettare il padiglione toscano per la mostra etnografica delle Regioni italiane in Piazza d’Armi a Roma.
Il 1911 è anche l’anno della sua partenza per Bangkok su invito del sovrano thailandese per decorare la Sala del Trono dell’omonimo palazzo. Nel 1914 rientra definitivamente in Italia ed esegue per la Biennale veneziana diciotto pannelli decorativi per la sala dedicata allo scultore Ivan Mestrovic. Ottiene in quest’anno la cattedra di decorazione all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 1917 pubblica il manifesto “Rinnovando Rinnoviamoci” assieme a Cifariello, Grubicy, Casorati, De Carolis, Michetti, Morbelli, Sartorio e Soffici. Tale manifesto proponeva l’abolizione delle Accademie e auspicava la fondazione di scuole artistiche industriali. Nel 1918 esegue un bozzetto per Il tabarro di Giacomo Puccini e le scene per il Gianni Schicchi. Per la Biennale veneziana del 1920 decora il salone centrale ispirandosi al periodo bellico. Nel 1921 esegue le decorazioni della Villa Scalini a Carbonate sul lago di Como. Nel 1923 esegue le scenografie per la Turandot di Giacomo Puccini. In questo anno termina la decorazione dello scalone dello stabilimento termale Lorenzo Berzieri a Salsomaggiore e decora il Salone Moresco e la Taverna Rossa all’Hotel des Thèrmes sempre nella stessa località. Nel 1927 esegue le decorazioni nell’interno della Villa Donegani sul lago di Como. Dalla fine degli anni Venti si dedica sempre più alla pittura da cavalletto continuando ad esporre alle Biennali veneziane fino al 1936. Nonostante la progressiva cecità continua a dipingere fino agli inizi degli anni Cinquanta.
Il 23 agosto del 1956 muore a Firenze nella sua casa di via del Ghirlandaio.
La figura di Galileo Chini (1873 – 1956) è praticamente unica nel panorama dell’arte italiana fra il XIX e il XX secolo.
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